Sabato 11 febbraio ricorre la XXV Giornata Mondiale del Malato. In questa ricorrenza il Vescovo monsignor Oscar Cantoni presiederà la Santa Messa presso l’Ospedale Sant’Anna di Como-San Fermo venerdì 10 febbraio alle ore 16.00. Al termine della celebrazione eucaristica, nel corso della quale sarà amministrato il sacramento dell’Unzione degli infermi ad alcuni degenti, monsignor Cantoni, dopo aver salutato il personale ospedaliero in tutte le sue articolazioni, visiterà alcuni reparti dell’Ospedale. Domenica 12 febbraio, invece, alle ore 17.00, il Vescovo Oscar sarà all’Ospedale Civile di Sondrio.

Ma qual è il senso e il significato di questo appuntamento? Ne abbiamo parlato, sul numero 6 del nostro Settimanale, con don Ferruccio Citterio, cappellano dell’Ospedale di Sondrio, responsabile, ad interim, dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute.

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«È lo stesso Papa Francesco – risponde don Ferruccio – a spiegarci le motivazioni e la finalità di questa Giornata, istituita, nel 1992, da san Giovanni Paolo II. Scrive il Pontefice nel suo messaggio: “Tale Giornata costituisce un’occasione di attenzione speciale alla condizione degli ammalati e, più in generale, dei sofferenti; e al tempo stesso invita chi si prodiga in loro favore, a partire dai familiari, dagli operatori sanitari e dai volontari, a rendere grazie per la vocazione ricevuta dal Signore di accompagnare i fratelli ammalati”».

GMM17_locandina24x32_ok2-1160x1547Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Malato 2017 si intitola “Stupore per quanto Dio compie… Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. «Ogni giorno, nell’incontro con chi soffre, nelle persone malate e, di riflesso, nell’incontro con i familiari e con il personale ospedaliero – ci ricorda ancora don Ferruccio – , si ha l’occasione di fare esperienza dello stupore di cui scrive il Papa. Perché si entra in contatto con esperienze vive, che ci parlano di umanità e, molto spesso, di fede. Quello che conta è il senso della relazione: non deve mai venire meno la dimensione della “persona”. Non servono grandi cose: è sufficiente l’attenzione ai piccoli bisogni. Spesso anche solo il modo con il quale si porge un bicchiere d’acqua, dice molto del rispetto e dell’umanità con cui si entra in contatto con l’altro. Quando torno a casa, dopo il servizio in Ospedale, dico sempre di essere contento, perché sperimento lo stupore delle grandi cose che l’Onnipotente fa per noi». Dal punto di vista umano l’esperienza pastorale in corsia è molto particolare.

«La vicinanza a chi sta vivendo la malattia è impegno a “essere sempre segni gioiosi della presenza e dell’amore di Dio” – conclude don Ferruccio –. Essere concretezza della presenza amorosa di Dio con la gioia. Viviamo tempi segnati da tristezza, sconforto, tendenza a vedere tutto con negatività, quindi essere portatori di gioia è la vera sfida. Inoltre il papa ci dice che “Bernadette, povera, analfabeta e malata, si sente guardata da Maria come persona”. È questo che conta: la relazione fra le persone».

Leggete l’intervista integrale a don Ferruccio sul numero 6 del nostro Settimanale!