Nel momento in cui scendevo dal treno, quel mercoledì 13 marzo 2013, il Centro Televisivo Vaticano era in diretta da piazza San Pietro, tarda mattinata, con la telecamera fissa sul “mitico” comignolo della Cappella Sistina, per la prima delle “fumate” previste in quella seconda giornata di Conclave.

In una mano la valigia, nell’altra lo smartphone, per seguire quel momento: ero appena arrivata a Roma e speravo ardentemente in un nulla di fatto perché, insomma, dopo tutto, essere nella Capitale, ma nel punto sbagliato, al momento giusto dell’elezione del nuovo Papa, sarebbe stata una sfortuna giornalisticamente inaccettabile. Rincuorata dalla “fumata” nera avevo margini sufficienti per raggiungere San Pietro, ritirare il pass e aspettare. Già, aspettare. Una giornata di attesa, fra la Sala Stampa gremita e il sagrato della Basilica Vaticana quasi vuoto. Colpa della pioggia battente e del freddo: un clima solitamente sconosciuto a Roma, a metà marzo poi… La “fumata” delle 17.00 andò a vuoto, nel senso che non ci fu.

In Sala Stampa si scatenarono le dietrologie. Io me ne andai in piazza ad aspettare, ancora, nonostante il diluvio e il vento. Guardavo verso “il” comignolo – che nell’ampiezza dello spazio naturale era pressoché impercettibile – e riflettevo su quei gabbiani che volavano sul tetto della Sistina e si posavano volentieri sul cappello del fumaiolo. «Sarà lo Spirito Santo al lavoro», pensavo fra me e me. Poi, in un’ora che non era prevista dal protocollo del Conclave – si era ormai fatta sera, verso le 19.00 – il fumo. A me, all’inizio, sembrava più grigio scuro che bianco… Poi l’additivo deve aver fatto presa e il bianco arrivò. Nell’arco di mezz’ora il sagrato di San Pietro si riempì di gente. E aveva anche smesso di piovere. Mi portai fin sotto la statua di Pietro e ancora più avanti, per continuare ad attendere. Aspettai un bel po’. Con il naso sempre all’insù, cercando di scrutare movimenti di tendaggi e accensioni di luci, ingressi di bande e spostamenti di Guardie Svizzere. Mentre il cielo si era fatto sereno e stellato. Poi l’annuncio.

Gli unici a esultare, al nome del cardinale Bergoglio, furono uno sparuto gruppo di argentini, tra l’altro presenti lì per caso, perché a Roma in vacanza. Per il resto ci guardammo in faccia fra vicini di attesa e nessuno sapeva chi fosse il nuovo Papa annunciato. Persino una Guardia Svizzera mi disse di controllare su internet! Quel nome, Francesco, fu subito la cifra di questo pontificato… Ricordo ancora il “buonasera” e il modo in cui la piazza fu capace di fare silenzio per pregare insieme. Sono grata per aver avuto il dono di essere parte di quel momento storico. Auguri papa Francesco. E grazie per la strada che stai percorrendo con noi…

Enrica Lattanzi

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