Sul numero 15/16 del nostro Settimanale abbiamo pubblicato la bella testimonianza di due sacerdoti della nostra diocesi, don Luca Borsani e don Andrea Straffi, i quali, a fine marzo, a Roma hanno avuto la possibilità di incontrare nei Giardini Vaticani, all’ombra di San Pietro, il Papa emerito Benedetto XVI. Una storia che abbiamo raccontato anche per la bella ricorrenza che riguarda papa Ratzinger: oggi, 16 aprile, domenica di Pasqua 2017, Papa Benedetto festeggia 90 anni.

Riportiamo qui di seguito una parte del dialogo come l’ha scritta per noi don Andrea Straffi. Non perdetevi il racconto completo sul nostro Settimanale!

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In fondo alla strada, due persone in piedi, accanto ad una panchina, volgono il loro sguardo verso di noi. Un uomo vestito di bianco, inconfondibile, e un chierico in talare nera, che lo sorregge per un braccio. Il terreno sembra cedere sotto i nostri piedi e il cammino interminabile. Ormai ci siamo.
La figura di Papa Benedetto è gracile. Accanto al fidato segretario, notoriamente prestante, pare ancora più minuta. Sopra la talare, il papa indossa un semplice piumino bianco, lungo fino a terra, simile ad uno spolverino. Al collo una sciarpa, anch’essa candida, come i capelli, lunghi e scarmigliati. I nostri interlocutori ci accolgono con un sorriso aperto.
– Buongiorno
– Buongiorno, Santità!

Benedetto allunga le fragili mani. Ci inchiniamo leggermente, gliele stringiamo e baciamo.
– Sono due sacerdoti di Como, preannuncia monsignor Georg Gänswein.
C’era anche lui, discreto e cordiale, e quasi ci dimenticavamo di salutarlo. La nostra attenzione in quel momento era tutta per il suo ‘capo’.
Don Luca prende la parola, esponendo la ragione per cui eravamo lì:
– Santità, sono parroco in una comunità che si trova sul lago di Como. Vorrei dedicare l’oratorio della parrocchia di Cremia alla sua persona. Le chiedo di benedire questo crocifisso che verrà esposto in quei locali.
Benedetto solleva un attimo lo sguardo e alza le palme delle mani, quasi a discolparsi:
– Non ne sono degno…

Nella sua affermazione nessuna piaggeria. L’umiltà di quell’uomo, apparsa al mondo intero con le clamorose dimissioni, era ora lì, davanti a noi, spettatori scalcagnati e privilegiati di un cuore limpido.
– Santità, i nostri giovani hanno bisogno soprattutto di testimoni della fede. Per questo ho pensato a lei. Tutto il resto è secondario.

L’affabilità dei nostri interlocutori è sorprendente. Ci permettono persino di scattare alcune foto. Alla vista del crocifisso, Benedetto congiunge le mani, raccogliendosi istante in contemplazione. Quindi sussurra la formula di una preghiera in latino, tracciando un breve gesto di benedizione. Approfitto dell’occasione, e prendo io la parola:
– Santità, anche io avrei un oggetto da farle benedire: una teca per portare l’Eucarestia agli ammalati. La userò nel mio ministero.
Ancora una volta, il papa prega e traccia un rapido segno di croce. La custodia metallica è inserita in una borsetta in seta ricamata, che lo incuriosisce.
– Santità, questo oggetto è dono di un sacerdote che è stato mio parroco, mi ha accompagnato nella vocazione ed è morto l’anno scorso di sclerosi, offrendo le sue sofferenze per la Chiesa e anche per Lei, che stimava e amava molto. Si chiamava don Giuseppe (Notari, ndr).
Il papa ascolta attento:
– Allora era un santo.
– Ma è un santo anche lei!

La battuta mi è uscita spontanea, immediata. Forse sfacciata, ma sincera. Il papa si schermisce e sorride…

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