Nel 30° della morte del venerabile padre Giuseppe Ambrosoli, missionario comboniano in Uganda, padre Egidio Tocalli, sacerdote e medico, che si adoperò per venti anni a proseguire l’azione caritativa intrapresa da padre Ambrosoli, è ritornato di recente in quella missione per pregare sulla tomba del confratello assieme a Giovanna Ambrosoli, presidente della fondazione dedicata a padre Ambrosoli. Al suo ritorno, in un dialogo fraterno, padre Egidio ha voluto ricordare la figura di padre Ambrosoli.

Come hai conosciuto padre Ambrosoli?
“Nel 1959 di ritorno da Londra e sulla via dell’ Uganda egli passò nel liceo di Carraia (Lucca) e parlò della sua missione dove operava da sacerdote e medico. La sua testimonianza fu come un piccolo seme caduto nel mio cuore che anni dopo fiorì e fece sì che grazie a lui potei avere dai miei superiori, dopo l’ ordinazione sacerdotale nel 1968, il permesso di studiare medicina”.

Cosa avvenne dopo la laurea?
“Nel 1977 fui inviato in Uganda dove raggiunsi padre Giuseppe e da lui imparai la pazienza e l’amore per i malati e i segreti dell’arte chirurgica delle malattie tropicali. Poi le necessità dei vari ospedali missionari del nord Uganda ci separarono”.

Come avvenne l’ulteriore incontro?
“Dopo la sua morte avvenuta per insufficienza renale il 27 marzo 1987 l’ ospedale e la missione di Kalongo furono salvate dalla popolazione che le difesero a rischio della vita contro i “ribelli” che volevano fare terra bruciata. Padre Giuseppe era stato obbligato dalle autorità governative ad abbandonare l’ospedale con tutto il personale medico e i malati. A questo grande dolore si aggiunse quello di credere che la sua opera era stata bruciata. Infatti nella notte, mentre la colonna si allontanava da Kalongo si levarono alte nel cielo le fiamme, e tutti furono convinti che il fuoco stava divorando l’ ospedale e la missione. Nessuno poté in seguito correre ad avvisare padre Giuseppe. In realtà a bruciare furono solo i magazzini del cibo e delle medicine. Lui morì convinto che la sua creatura coi suoi 30 anni di enormi sacrifici era stata distrutta. Solo due anni dopo fu possibile ritornare a Kalongo e i miei superiori mi inviarono là con queste parole: “P. Egidio non temere. Padre Giuseppe è là che ti aspetta e ti proteggerà”. Mi ricordai di quella foto scattata 3 giorni dopo il mio arrivo nel 1977, dove lui con dolcezza appoggia la sua mano sulla mia spalla destra, in segno di protezione”.

giuseppe ambrosoli presentazione libro como 3 maggio 2017

padre Giuseppe Ambrosoli

Con quale animo hai continuato a svolgere il lavoro in ospedale?
“Sono stati 20 anni di tensione in quanto la guerriglia ci stringeva d’ assedio e rese assai difficile il nostro lavoro pastorale e medico. La mia grande consolazione fu di vivere nella sua stessa camera e dormire nel suo letto, avvertendo così la sua costante presenza spirituale, specie nelle notti in cui tuonavano i cannoni e le mitragliatrici dei soldati e dei ribelli che attaccavano il nostro centro. Terminata la lunga e crudele guerriglia che causò migliaia di vittime con quasi 20.000 bambini e bambine rapiti per trasformarli in “bambini soldati” e in “prostitute forzate” potei fare ritorno in Italia per curare la mia salute”.

Quali contatti hai avuto successivamente con Kalongo?
“Il mio cuore è sempre rimasto a Kalongo. Dall’ Italia ho continuato ad inviare aiuti, collaborando con la Fondazione Ambrosoli di cui è presidente la nipote Giovanna Ambrosoli”.

benedizione sulla tomba di padre Ambrosoli

Quale sensazione hai provato in questo viaggio di ritorno in Uganda?
“è difficile esprimere i miei sentimenti di commozione. Appena sceso dal piccolo aereo sono stato quasi sommerso dall’abbraccio festante delle studentesse di ostetricia. Poi ho fatto ritorno nella stanza del caro confratello padre Giuseppe accompagnato dai tre confratelli che vivono a Kalongo. Nel commemorare la figura di padre Ambrosoli è intervenuto anche l’ arcivescovo della Diocesi, che ha celebrato la santa Messa solenne, seguita dalla processione verso il cimitero tra canti festanti per benedire la tomba di padre Giuseppe assieme a quella dei missionari e dei cristiani ivi sepolti”.

Quale gioia hai provato nel conoscere che papa Francesco, nel dicembre 2015 ha firmato il decreto di “venerabilità” di padre Ambrosoli?
“è stato un evento atteso in quanto con questo segno si intende affermare che egli ha imitato Gesù Cristo in tutte le sue virtù: umiltà, carità, dolcezza, misericordia, purezza, dono della vita. Rimane ora da confermare un miracolo affinché egli possa essere proclamato “ beato”. Già da ora, però – e questa è la cosa più importante – noi possiamo pregarlo e imitare con la nostra vita le sue virtù”.

Questa sosta in Uganda e la ripartenza cosa ti ha lasciato?
“Ho rivisto con gioia quel territorio e il luogo dove sono stato missionario. Salendo sul piccolo aereo che mi riportava a Kampala sono stato accompagnato di nuovo dai miei confratelli e quanti altri si assiepavano attorno alla scaletta dell’ aereo. Sentivo che da varie parti si alzava il grido: “Padre Egidio ti aspettiamo. Ritorna tra noi”.

Articolo a firma di Paolo Pirruccio tratto da Il Settimanale del 4 maggio 2017. L’archivio completo degli ultimi anni è a disposizione degli abbonati nella sezione “Il Settimanle Digitale”