È un “viaggio della speranza” quello che il Settimanale ha compiuto dentro la Casa di Gabri, la comunità socio sanitaria per minori con gravissime disabilità, ad alta complessità di assistenza e tecnologicamente dipendenti, che sorge a Rodero, in via Lavizzari. Dieci posti disponibili (tutti occupati) a cui da settembre ne saranno aggiunti altri quattro di “sollievo” per quei genitori che potranno lasciare per brevi periodi il proprio figlio in comunità, in mani protette.

Don Angelo Epistolio

Uno spazio di cura d’eccellenza, unico nel suo genere sul territorio regionale e nazionale. Questa è Casa di Gabri, una delle sei realtà di accoglienza raccolte sotto l’ombrello della cooperativa sociale Agorà 97, voluta e fondata da don Angelo Epistolio proprio vent’anni fa. Un complesso che dà lavoro a 65 dipendenti e ad una quindicina di consulenti. Nello specifico dentro Agorà 97 operano: due comunità per minori: Casa di Luca e Casa di Gabri e quattro comunità per adulti: Casa di Enrico (comunità socio sanitaria per giovani adulti con deficit intellettivo e disturbi del comportamento), Casa di Guido (comunità per persone con deficit intellettivo ma dotate di maggiore autonomia rispetto agli ospiti delle altre comunità), Casa di Miro (comunità che accoglie adulti, ultra sessantacinquenni, con problemi psichiatrici), Casa 4 Venti (comunità psichiatrica a media intensità assistenziale per la cura di persone giovani con patologie psichiatriche gravi). Ad affiancare il lavoro dei dipendenti anche una settantina di volontari, riuniti nell’associazione Vola Agorà.

«Molti di questi bambini – spiega al Settimanale Sergio Besseghini, coordinatore della strutture di Agorà 97 (per conoscerla clicca qui)- sono stati abbandonati alla nascita e presi in affido da famiglie che ad un certo punto non sono più state in grado di assicurare loro il necessario livello di assistenza. La loro storia, senza entrare nello specifico della patologia che li affligge, si avvicina a quella del piccolo Charlie, caso ormai noto alle cronache: il riscontro di una patologia di particolare rarità, l’impossibilità per i genitori di una gestione domiciliare e per il bambino di rimanere in ospedale. La gestione di casi così complessi, in ambito ospedaliero, si limita infatti alla fase acuta, dopo di che, una volta stabilizzati, vengono dimessi. Per questi piccoli si pone dunque sempre il problema della necessità di un’assistenza specifica, altamente qualificata. Ed è in questa fase che ci inseriamo noi,  un po’ come l’anello mancante tra l’ospedale e l’abitazione. I bimbi accolti qui  sono affetti da patologie che richiedono una gestione integrata da più punti di vista. Per ciascuna delle diverse disabilità di cui possono essere portatori (respiratoria, nutrizionale, cognitiva…) viene fornito un aiuto specifico. Operando in stretta sinergia attraverso un lavoro d’equipe multidisciplinare al fine di consentire la formulazione di un piano assistenziale individualizzato».

Casa di Gabri, Rodero

«Lo spirito che cerchiamo di costruire in questo luogo – spiegava don Angelo Epistolio, qualche mese fa, all’inaugurazione dei rinnovati spazi di via Lavizzari – è quello di una famiglia. Un luogo caldo ed accogliente in cui accompagnare coloro che sono i veri padroni di questi spazi. Si tratta certo di una struttura in cui occorre entrare in punta di piedi, dove si tocca con mano la sofferenza. Ma questi martiri innocenti sono i nostri tesori, angeli senza peccato. Spesso dei nostri mali o di quelli di chi ci sta accanto incolpiamo Dio. La realtà invece è che Dio e la vita sono sinonimi. Fino a quando questi piccoli desidereranno vivere noi saremo accanto a loro. Quando invece vorranno volarsene via li lasceremo andare. Senza accanimento».

«Se dovessi dire a parole cosa sia per me “Casa di Gabri”  – è la testimonianza di Anna Franzini, neuropsicomotricista presso la struttura – mi viene da pensare a un angolino di mondo del tutto speciale, a un luogo che mi ha sempre mosso qualcosa dentro e fatto nascere tante domande, a una casa in cui ho incontrato abitanti unici che mi hanno fatto crescere come professionista, ma ancor più come persona. Sono una neuropsicomotricista e lavoro a casa di Gabri un giorno a settimana dall’ aprile del 2013; di questi anni, in cui sono cambiate, tante cose in comunità e sono passati tanti volti di bimbi ciascuno speciale a modo suo, provo a raccontare tre aspetti. Dal punto di vista lavorativo è stata e continua ad essere una bella sfida professionale per riuscire ad indossare davvero quegli “occhiali rosa” consegnatici negli anni di formazione in università. E con questa espressione non intendo un filtro che addolcisce la realtà a volte dura, ma quella capacità di guardare in faccia la realtà di ogni condizione, anche la più grave, senza raccontarsi bugie o costruire illusioni, ma trovando sempre quel pezzettino di strada, quello “spazio di manovra”, grande o piccolo che sia, nel quale costruire una relazione con ogni bambino, cercare il suo benessere, sostenere e promuovere lo sviluppo possibile, favorire la comunicazione e far fare esperienze piacevoli portando, se possibile, un po’ di mondo dentro casa. Dal punto di vista umano l’esperienza a Casa di Gabri mi ha insegnato il valore che la vita ha sempre, al di là delle condizioni di salute magari molto precarie o compromesse. Mi sono anche convinta che a volte la sola cosa che ci è concessa è essere a fianco, mettere amore e affidare… senza spaventarsi di fronte alla fragilità della vita o alla sofferenza dei piccoli…facendo tutto ciò che è umanamente possibile per la miglior qualità di vita raggiungibile, ma con l’umiltà di chi sa che la condizione umana di creature è sempre limitata e con la serenità di chi sa di essere strumento piccolo di un amore più grande che sempre è presente, accompagna e attende. Da ultimo a chi, a volte, sentendo definire da fuori che posto sia Casa di Gabri sgrana gli occhi e chiede: “Ma come fai?”, mi viene da dire che a me tocca la parte più bella, mi sento privilegiata… a questi bimbi, di cui spesso si parla in termini di diagnosi dai nomi lunghi che suonano minacciosi, o per i quali genitori, medici e infermieri sono chiamati a prendere decisioni difficili, io posso restituire un po’ del loro essere semplicemente bambini. Ho il compito a volte complicato, ma estremamente prezioso di cercare, nonostante i fili e i macchinari che qualcuno di loro si porta dietro, un modo per giocare e divertirsi, per fare un’esperienza piacevole, per percepire l’ambiente che hanno attorno, per parteciparvi e comunicare con chi si occupa di loro….insomma una sfida bella e appassionante, in un contesto a volte di sofferenza, ma spesso disseminato di piccole conquiste e gioie tipiche della vita di una casa, come quando una manina riesce per la prima volta ad afferrare un oggetto o, ascoltando una storia letta ad alta voce, il viso s’illumina e compare un gran sorriso.

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