«Dobbiamo aiutarci insieme perché la paura dell’altro non abbia il sopravvento… per questo mi piace invitarvi a costruire strade di dialogo». È questo l’incoraggiamento che il vescovo monsignor Oscar Cantoni ha rivolto agli abitanti del quartiere di Como-San Rocco rispondendo ai contenuti di una petizione che, a fine agosto, raccolse 200 firme fra i residenti e i commercianti della zona. In quel testo, indirizzato alle autorità religiose e civili della città, i firmatari scrivevano, esprimendo sentite lamentele, a «riguardo dello stato dell’area di piazza San Rocco e alle attività svolte in loco dalla Parrocchia e dalla Caritas Diocesana, in favore dei senza fissa dimora e dei profughi», ricorda il Vescovo nell’incipit della sua lettera.

La situazione è nota. Il contesto di riferimento è umanamente sempre più complesso e variegato, con problemi, però, che hanno radici lontane nel tempo e che, ora, hanno oggettivamente conosciuto un’amplificazione. Le potenzialità della multiculturalità, qui, si fiaccano, incontrando quotidianamente gli affanni delle povertà nuove che si sommano a quelle storiche, accanto ai rischi di una microcriminalità agita a prescindere dalla nazionalità di appartenenza. Un pericolo, quest’ultimo, che può coinvolgere migranti e richiedenti asilo qualora fallisca l’auspicabile progetto di integrazione «in una società che, pur nei suoi limiti – puntualizza monsignor Cantoni – potrebbe offrire l’accesso a molti diritti che per troppo tempo, a queste persone, sono stati preclusi».

Il Vescovo Oscar

Nella lettera, che riassumiamo per sommi capi volendo preservare il dialogo confidenziale fra il Pastore e il suo gregge (fatto di credenti, non credenti e credenti di altre confessioni religiose), il Vescovo Oscar sottolinea che «Una situazione nuova come quella che il Vostro Quartiere sta affrontando (e in questo siete di esempio a tutta la Città!), comporta fatiche, fa vivere paure, fa pensare che possa essere più saggio chiudersi in difesa delle tranquillità di vita conquistate». Ma, come ricordato prima, la strada da percorrere è quella dell’aiuto reciproco e del dialogo. Non ci sono concessioni al buonismo, né alle semplificazioni. Monsignor Cantoni elenca i problemi, non sottovaluta le preoccupazioni e assicura la sua comprensione con «affetto di padre». Ma, al tempo stesso, richiama ciascuno all’impegno. Chi è attivo nella vita parrocchiale ha, come primo interlocutore con cui confrontarsi, fare osservazioni, esprimere valutazioni, proprio la comunità pastorale di appartenenza. «Non credo – è poi la sottolineatura del Vescovo – che si debba delegare alle sole autorità il compito di risolvere i problemi, ma piuttosto si deve riuscire a trasformarli in opportunità per tutti».

In merito ai cinque verbi indicati nella petizione come azioni da intraprendere per migliorare la situazione del quartiere (verificare, mettere in sicurezza, identificare, adottare, riqualificare), monsignor Cantoni li riprende uno a uno suggerendo un diverso modo di coniugarli. Un percorso proposto alla realtà di San Rocco ma valido ben oltre i suoi confini.

VERIFICARE: «La Parrocchia, in quanto comunità di persone che si ritrova attorno all’Eucarestia, fa confluire nell’unità di un cammino comune i diversi carismi e le diverse sensibilità che lo Spirito suscita in essa, così da agire come un’unica grande famiglia, che abbia anche il coraggio della correzione fraterna. Mi piacerebbe si rinsaldasse questo spirito di Chiesa che già la Vostra Comunità Pastorale vive».

METTERE IN SICUREZZA: «Uno spazio, per metterlo in sicurezza, occorre abitarlo e riqualificarlo. Riscoprite questo luogo per la socializzazione. L’utilizzo creativo allontanerà sicuramente chi pensasse di utilizzarlo per delinquere».

IDENTIFICARE: «L’identità delle persone si scopre nel dialogo. Sarebbe bello trovare il modo di fermarsi e dialogare con questi fratelli e sorelle che vivono una parte delle loro giornate nella Vostra comunità, ascoltare senza pregiudizi e, soprattutto, senza paure. Tante di queste persone, oltre ad avere un livello culturale elevato, hanno vissuto sofferenze che nemmeno immaginiamo e che possono diventare per noi una ricchezza imprevista, capace di aprirci a orizzonti nuovi».

ADOTTARE: «Si possono adottare i provvedimenti, ma anche adottare le persone. L’accoglienza dello straniero era patrimonio dell’Antico Testamento e, sin dall’inizio, le Chiese erano identificate come un luogo protetto e di asilo, dove ognuno poteva chiedere riparo. Sono cosciente che si tratta di un’accoglienza al di sopra delle possibilità anche per una Comunità pastorale che, come quella presente nel Vostro Quartiere, si ispira al Beato Scalabrini, che di migranti se ne intendeva… Ma, oltre alla Parrocchia, anche la Chiesa Diocesana, attraverso la Caritas, è disponibile per portare con voi il carico di questa adozione, rendendola condivisa». Va sicuramente in questa direzione la scelta di “sdoppiare”, con la collaborazione e la disponibilità della parrocchia di San Giuseppe, il servizio colazioni, così da alleviare la pressione di un significativo numero di persone (150) fin dalle prime ore del mattino…

RIQUALIFICARE: «È la vita sociale che qualifica una Piazza. Credo che a Voi non manchi l’iniziativa. Si riqualifica una Piazza chiedendo anche all’Amministrazione Comunale di dotarla nuovamente di quelle strutture e di quegli strumenti che già in passato favorivano la vitalità del luogo».

«Ci può essere una visione alternativa alla paura dell’altro – conclude il Vescovo Oscar –, che apre a itinerari di speranza per il futuro. È una via impegnativa, faticosa, ma sono convinto che la fatica si supera nella misura in cui noi tutti abbiamo la volontà di vincere l’egoismo, che ci porta a vivere la nostra vita con uno sguardo rinchiuso su noi stessi, dimenticandoci del bene comune».