Lo scorso 27 settembre si è spento, all’età di 92 anni, l’avvocato Antonio Spallino, figura notissima a Como, per l’attività professionale, per il curriculum sportivo (plurimedagliato – singolo e a squadre – a livello nazionale olimpico e mondiale nelle specialità della scherma, in particolare fioretto e spada), per l’attività politica.

Schermidore di prestigio fin da giovanissimo, ereditò la passione politica in famiglia (suo padre era il senatore Lorenzo Spallino). In Comune a Como entrò nel 1965, come assessore all’Urbanistica. Dal 1970 al 1985 fu sindaco della città. Ancora oggi, pensando ai suoi mandati a Palazzo Cernezzi, molti non esitano a definirlo “il” sindaco di Como, non solo per la generosità ma anche per la lungimiranza nell’amministrazione del capoluogo (sua, per esempio, la decisione di pedonalizzare tutto il centro storico all’interno delle mura). Fra il 1977 e il 1979 fu anche nominato Commissario straordinario dalla Regione Lombardia per la gestione del disastro della diossina alla Icmesa di Seveso. Dopo le esequie celebrate lo scorso 29 settembre a Carimate, nel pomeriggio del 3 ottobre in Cattedrale, a Como, il Vescovo monsignor Oscar Cantoni ha presieduto una Santa Messa in suffragio dell’avvocato Spallino. Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale dell’omelia di monsignor Cantoni.

Il modo migliore per ricordare l’avvocato Spallino, che come stimato sindaco fu un uomo appassionato della vita della nostra città, è quello di affidarlo al  Signore nella nostra preghiera comune, soprattutto attraverso questa azione liturgica, ma anche di lasciare emergere il suo impegno a vantaggio del bene comune attraverso le letture della parola di Dio, appena proclamate, che confermano l’orientamento di vita che egli ha mantenuto nel corso della sua esistenza. Ognuno di noi, infatti, mediante i doni che ha ricevuto da Dio, ma anche per mezzo del proprio impegno nella storia, incarna e attualizza, in un certo modo, la parola di Dio e diventa nello stesso tempo un modello di riferimento anche per gli altri.

Nella prima lettura, dal libro dei Re, viene tratteggiata la personalità di Salomone, succeduto sul trono di Davide, suo padre. Egli era ben consapevole delle responsabilità di governo che si era assunto. Sapeva di non poter contare esclusivamente sulle sue abilità naturali, ma di aver bisogno dell’aiuto di Dio. Egli si considerava troppo giovane, sia per l’età che per l’inesperienza: e questo è un bel segno di umiltà! Salomone si rendeva conto che aveva bisogno di ascoltare Dio, facendo la sua volontà e perciò gli chiese con insistenza  non il potere, il piacere e le ricchezze, ma di poter ricevere in dono la sapienza.

Cos’è la sapienza, di cui tutti abbiamo bisogno?

È la capacità di penetrare nel senso profondo dell’essere, della vita e della storia, andando oltre la superficie delle cose e degli eventi per scoprirne il significato ultimo. Non quindi le apparenze, il cercare il consenso degli altri, le ambizioni individuali o delle fazioni. Per un politico vera sapienza è la capacità di armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi, tenendo ben saldo il timone sull’interesse della intera cittadinanza.

Nel Vangelo, il  Signore Gesù invita i suoi discepoli a imparare a scoprire i segni della presenza di Dio nel mondo, a valutare la vita, gli avvenimenti e le scelte che l’uomo deve compiere, come singolo e come società, alla luce del Vangelo e, al contrario, riconoscere come certe scelte possano essere contrarie alla promozione del bene comune o lesivi della dignità delle singole persone.

I grandi principi sociali, infatti, non possono rimanere pure indicazioni generali che non interpellano nessuno. Bisogna ricavarne le conseguenze pratiche perché possano con efficacia incidere nelle complesse situazioni moderne, e creare una città accogliente e solidale, dove assieme a quanti sono iper garantiti, vivono i poveri, i disoccupati, le famiglie numerose, gli immigrati. È quanto ci suggerisce il Papa nella Evangelii Gaudium al n.182 come monito per i pastori, ma anche per quanti sono impegnati nel campo della politica.

Giuseppe Dossetti, che fu un uomo politico, divenuto poi monaco, definiva i veri politici quali “liturghi di Dio”. Essi sono coloro che, alla luce di una visione realistica della complessità dei problemi nelle circostanze attuali, sanno celebrare una liturgia che consiste nell’onorare i poveri, gli emarginati, lavorando per la giustizia e impegnandosi per la pace, guardando al futuro con speranza.

È lo stile d’azione che mi pare di aver intravisto nel nostro avvocato Spallino, che questa sera, con vivo senso di gratitudine per la sua testimonianza e il suo impegno di servizio, vogliamo affidare, come comunità cristiana, alla misericordia di Dio.