Bucarest, 4 febbraio 2018. È una notte umida e fredda. Dai tombini escono dense nubi di vapore. Ci troviamo alla Gara de Nord, la stazione principale di Bucarest. Siamo tutti ben coperti: giacche pesanti, guanti, sciarpe, berrette di lana. Eppure il freddo penetra, fino alle ossa.
Abbiamo con noi un capiente termos e uno zaino. Ci avviciniamo alle persone che passeranno la notte ai bordi dei binari o nei dintorni della stazione. Offriamo loro una minestra calda, un pezzo di pane e un sandwich; cerchiamo di scambiare qualche parola.
Qualcuno mangia, intanto risponde; altri prendono il pasto caldo e senza fiatare lo divorano.
Sguardo basso, rughe scavate sul volto.
Una mano tesa a cercare ancora un poco di minestra.
Dita che stringono un mozzicone fumato fino all’ultimo tiro.
Sporco. Puzza.

La stazione Gara De Nord a Bucarest

Quando ormai il giro volge al termine, sono da poco scoccate le 22.30, usciamo dalla stazione e attraversiamo il viale. Dalla parte opposta della strada ci sono due chioschi di fiori chiusi. Dietro c’è uno spazio verde: qualche albero e tante piccole aiuole vuote con terreno ribassato, sono delimitate da pietre bianche disposte circolarmente che risaltano nella notte.
Dal buio ci viene incontro un uomo. È una faccia conosciuta. Ci saluta, poi inizia a chiamare qualcun altro.
Chi sta chiamando?
Non c’è nessuno oltre a noi e a lui.
Tuttavia continua.
Poi si aggiunge la voce di qualcuno del gruppo che invita a prendere una minestra calda.
Ecco una scena degna dell’Inferno dantesco: un piccolo uomo esce da una fossa scavata nel terreno.
È come se uscisse dalla propria tomba. Lì sotto si è ricavato il suo riparo. Uscendo sposta le lastre di pietra come se chiudesse la porta di casa.

foto dal web

Si avvicina a noi. Indossa un semplice maglione e una giacca foderata con pelo bianco, che tiene aperta. Ha le mani e le unghie sporche di terra; le labbra carnose sono secche, gli occhi stanchi.
Eppure ha stampato sul volto un gran sorriso.
È un uomo sorridente, venuto da sotto terra.
Le ore passano e non faccio che ripesarci.
Sotto terra quell’uomo si è creato un riparo: ha trovato un luogo caldo, si è ricavato uno spazio in cui si sente al sicuro.
Fuori è buio, l’aria è umida e fa freddo. Perché uscire?
Qualcuno lo chiama. Perché lasciare ciò che si conosce, ciò che è stato conquistato e costruito con fatica? Perché andare verso un “altro” che non si conosce?
Il riparo sotto terra è ciò a cui siamo legati, è casa, è sicurezza.
Il buio e il freddo sembrano il nuovo che intimorisce, sono la sede delle paure. Ma non è solo questo!
Nel buio e nel freddo sta l’incontro con l’altro, sta la relazione.
Quindi esci, vai incontro e sorridi.
E’ il volto di Gesù che viene a trovarci, cammina sotto terra con noi, nelle nostre bassezze, nei nostri bui e nelle nostre notti… e risorge!!! Esce dagli inferi e ci viene incontro… ha stampato sul volto un gran sorriso, è un uomo sorridente venuto da sotto terra.
Buon cammino di Quaresima!

don Federico Pedrana – sacerdote fidei donum in Romania
Lorenza Corti -volontaria in Romania