Nei primi versetti del Vangelo di domenica scorsa, abbiamo ascoltato Gesù che esprimeva a Nicodèmo la necessità dell’innalzamento del Figlio dell’Uomo (cfr. Gv 3, 14-15). Egli aveva ben preparato, fin da lontano, a questo momento, l’ora della gloria, che si avvicina tanto più velocemente, quanto più in fretta maestro e discepoli salgono verso Gerusalemme per consumare la Pasqua. «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 32): l’innalzamento indispensabile, a cui Gesù non si sottrae, sprigiona una forza centripeta che fa accorrere tutti, giudei e greci, schiavi e liberi, uomini e donne (cfr. Gal 3, 28). Tra loro vengono ricordati alcuni Greci che vogliono vedere Gesù: non solo avere delle prove, toccare con mano, ma lasciarsi vedere, lasciarsi toccare, ottenere cioè, in cambio della conoscenza del Maestro, la conversione del cuore e della vita. Proprio questa sete li ha spinti, come i Magi, a fare tanta strada per arrivare a Gerusalemme, cuore del mondo! Gesù non li delude (… non è forse vero che chi cerca trova?) e risponde da par suo: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24).

Il Maestro sta svelando che il segreto che vanno cercando è, in fondo, la sua stessa persona, la sua vita offerta per amore: occorre ora fare tesoro del suo esempio, fondamento di un agire da discepolo che non rimane sterile, ma è fruttuoso. La prima cosa da fare – rinunciando verosimilmente a qualche nostra logica umana – è accettare il paradosso che le mani e i piedi di Gesù, immobili sulla croce, non sono stati mai tanto attivi e “missionari”. E la seconda è convincerci di quanto il Signore afferma, sempre nel Vangelo di Giovanni, qualche capitolo dopo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15, 16a). Radicando così in noi l’esempio di Cristo, possiamo con Lui ripetere, in questo tempo di Passione e ogni giorno: «Padre, […] non la mia volontà, ma la tua sia fatta» (Lc 22,42).

don Michele Parolini