“Ero lì mentre è caduta giù. Insieme ad un responsabile dell’Arpa ci trovavamo proprio dove c’era il blocco per le macchine e abbiamo visto la frana staccarsi, mentre una nube si alzava”.

A raccontare a Il Settimanale i drammatici momenti che hanno avuto come teatro il santuario di Gallivaggio nel pomeriggio di ieri, martedì 29 maggio,  è l’arciprete di Chiavenna, don Andrea Caelli, che si trovava proprio in quel momento ai limiti dell’area interessata dal pericolo di frana.

“Subito dopo il crollo – continua don Caelli – siamo saliti lungo il sentiero dall’altra parte del fiume, per poter guardare con il binocolo verso il santuario e cercare di capire quali fossero le condizioni della struttura. Il santuario era salvo, seppur scalfito da alcune pietre, mentre nel piazzale si trovavano alcuni macigni. Si può dire davvero che c’è stato qualcosa di particolare. Tutto è andato davvero nel modo migliore in cui poteva andare”.

Secondo i primi rilevamenti la massa che si è staccata dalla montagna sovrastante il santuario corrisponderebbe a circa i due terzi delle cinquemila tonnellate che erano considerate a rischio.

“Certamente dobbiamo dire grazie agli uomini che in questo mese e mezzo hanno lavorato per far sì che si arrivasse preparati a questa eventualità – continua don Caelli -, ma nello slittamento qualcosa è successo. Non è soltanto un disegno umano”.

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Avvicinandosi al santuario il parroco di Chiavenna ha potuto constatare alcuni dei danni subiti dalle strutture: “Tanti sassi  hanno colpito il tetto del santuario,  soprattutto nel lato verso valle, così come il tetto del cosiddetto museo, la casa del pellegrino, dove ho visto un buco nel muro della casa. I massi sonno scesi fin sotto al cimitero. Ma è nulla in confronto a quello che poteva accadere”.