In questa lunga pagina dell’evangelista Marco vengono narrati due episodi, quello di una fanciulla morta e di una donna sofferente da tempo. Essi, mentre annunciano che dove passa Gesù il male e la morte sono sconfitti, evidenziano quanto sia importante il ruolo della fede per il discepolo.

È interessante notare che l’atteggiamento dei protagonisti di questo brano, uno dei capi della Sinagòga, Giàiro, e una semplice popolana senza nome, è di gran lunga più esemplare di quello dimostrato in più occasioni dagli stessi Dodici. Di Giàiro si dice, infatti, che, non appena vide il Maestro, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza (Mc 5, 22b-23a); della donna che, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello (Mc 5, 27).

La loro fede “strappa”, per dir così, l’intervento del Messia; è, d’altronde, lui stesso che dice all’ammalata «Figlia, la tua fede ti ha salvata» (Mc 5, 34a). Senza la fede, dunque, la potenza di Dio è come bloccata e i miracoli non possono essere operati.

Non è, tuttavia, semplice parlare di fede: si può cadere, ad esempio, nella tentazione di credere che essa sia semplicemente una virtù come un’altra, mentre essa è un prodigio di Dio che è all’opera in ogni discepolo, in ogni battezzato, che gli permetta agire. Aver fede, significa poi accettare le sofferenze e le sconfitte della vita in vista di un bene maggiore: «Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo» (1Pt 1, 6-7).

Credere, vuol dire soprattutto accogliere la sofferenza e la sconfitta di Cristo stesso che opera nella storia attraverso la potenza della sua croce: dalle sue piaghe siete stati guariti (1 Pt 2, 24b). Solo allora si è in grado di entrare in contatto con Gesù, toccarlo ed essere toccati da lui; e Lui, come percorreva le strade della Palestina duemila anni fa, possa oggi tornare a percorrere le strade della Sua Chiesa per rinnovare i suoi prodigi. Ne abbiamo bisogno!

don MICHELE PAROLINI