In queste settimane più volte la questione della valutazione, delle non promozioni, è balzata all’onore delle cronache anche nei nostri territori. Vi proponiamo la riflessione di una professoressa.

Anche quest’anno scolastico si è concluso con la pubblicazione degli esiti affissi negli atri dei diversi Istituti e ciò a rendere pubblica la sintesi di un intenso anno scolastico. Dalla metà di giugno i tabelloni esposti riportano inesorabilmente tre diciture: ammesso alla classe successiva, sospensione del giudizio, ovvero un’estate di studio e a settembre prove di recupero o, nella peggiore delle ipotesi, la non ammissione  alla classe successiva.

È questo terzo giudizio che porta con sé la necessità di effettuare una analisi di ciò che ha portato il consiglio di classe a credere che lo studente non avesse i requisiti per affrontare la classe successiva.

Spesso, questo giudizio, si accompagna a non poche polemiche,  occorre “capire” cosa è  accaduto, a chi attribuire la responsabilità, se sono stati compiuti tutti i passi educativi e didattici per risvegliare quel barlume di interesse che possa far comprendere che, nonostante tutto, lo studente ha le capacità ma, non si applica abbastanza; se non state messe in atto tutte le sollecitazioni umane; se sono stati presi tutti i contatti perché nessuno possa dire: “Non sapevo andasse così male”.

Viviamo in mondo “social” ma paradossalmente  manca una interazione reale fra docenti, studenti, famiglie.

Contrariamente a quello che molti pensano, promuovere tutti non sarebbe democratico, sarebbe un’ ingiustizia e un appiattimento, significherebbe non aiutare i ragazzi a crescere e non considerare importante la serietà con se stessi, a non considerare il valore del proprio impegno quotidiano con lo studio. 

È frequente scoprire che i genitori si dimenticano di gioire per un successo scolastico, il “bel voto”, che nasce dall’impegno, dalla costante applicazione e  da un affetto a sé; mentre, gli stessi, sono molto allarmati o infastiditi e sovente anche  disorientati, davanti a una “bocciatura” e questa diventa, inesorabilmente,  una ingiustizia subita. Invece, normalmente, dietro a una bocciatura, c’è sempre un iter lungo e complesso, è una decisione che scaturisce da confronti impegnativi tra i docenti con frequenti scontri e votazioni finali che, spesso, sono a maggioranza più che all’unanimità.

Forse, occorre ripensare al valore educativo-formativo della scuola, occorre riconsiderare quei numeri che fanno tanta paura, in un modo diverso.

Un  5, é un voto che indica che non sono stati  raggiunti gli obiettivi minimi di una disciplina e non un voto di inadeguatezza di una persona e non è nemmeno, una quasi sufficienza che automaticamente si arrotonda al 6; un 4 indica che quella disciplina è più ostica delle altre, oppure non c’è stata adeguata attenzione, o cura nello studio, o numerosi errori oppure, è stata  volutamente trascurata per superare  con più successo le altre materie. Ai nostri ragazzi, manca la chiarezza, sono ormai portati ad attendere una “sanatoria” sui voti negativi che si dovrebbero compensare tra le varie discipline o si aspettano uno “spintone d’incoraggiamento” da parte del Consiglio di Classe che, così facendo, rimuoverebbe un “problema”.
Mi è capitato, durante i colloqui con le famiglie dei non promossi, di incontrare una mia studentessa, anche lei  “non  promossa”.

È venuta da sola, come tutte le mattina è venuta a scuola, ma quel giorno per ascoltare tre docenti del Consiglio di Classe che le ripetevano, forse per l’ennesima volta, quello che le  avevano detto durante  le ore di lezione:  le spiegavano come fosse stata la media dei suoi voti, come le materie insufficienti fossero tante, come non sarebbe stata in grado di affrontare la classe successiva. Era lì, da sola.

È parso evidente che non era giusto che affrontasse quel colloquio da sola ma forse lei non ci ha pensato, tutto l’anno scolastico si è svolto senza che nessuno venisse a chiedere di lei, si stava confrontando con le sue fragilità sforzandosi di comprenderle una volta per tutte e forse avrebbe voluto porvi rimedio ma tutto era troppo pesante e complesso.

È stato lì che, una dopo l’altra, l’abbiamo abbracciata, senza che ci fossimo messe d’accordo e senza aggiungere altre parole. Con quel gesto di familiarità, spontaneo, abbiamo cercato di sanare una mancanza di attenzione regalandole la nostra, dando un valore non scritto a quel giudizio: per noi, lei aveva un valore immenso anche se forse fino a quel momento non ne era affatto certa e questo era  indipendentemente da ciò che lei conosce realmente delle varie discipline.

Alla fine ha detto che aveva capito, che ci ringraziava e che il prossimo anno si sarebbe riscritta. Questa “bocciatura” forse, le è servita per conoscersi, per apprezzare quello che sta affrontando e forse avrà rivalutato anche i docenti; di certo, noi insegnanti non avremmo potuto raggiungere questo obiettivo con altri strumenti. Non è bello leggere sui tabelloni: “non ammesso” ma  sta comunicando a tutti  che, il  prossimo anno, ci sarà  la possibilità di leggere “ammesso alla classe successiva” e questa resta la vera opportunità  per cambiare e per affermare che non siamo tutti uguali.

Una professoressa