Giovedì 27 settembre, festa di S. Vincenzo De’ Paoli, alle 17.30 nella Chiesa del Gesù di Como il vicario foraneo cittadino don Gianluigi Bollini celebrerà la S. Messa. Durante la cerimonia ci sarà anche l’atto di impegno di due nuovi volontari.

La Famiglia Vincenziana è una realtà da decenni viva e presente nel cuore del capoluogo comasco.

Tra le sue molteplici iniziative di carità ce n’è una poco conosciuta che presentiamo sul numero in uscita del nostro Settimanale.

È la Casa Famiglia Vincenziana, un luogo che, all’interno della Casa della Missione gestita dai Padri della Missione, dal 2005 accoglie donne in uscita dal carcere, a fine pena o in misura alternativa alla detenzione. Un appartamento di circa 200 mq, composto da 4 camere, ciascuna con propri servizi, e dagli ambienti comuni (una sala soggiorno, una sala da pranzo, la cucina, una piccola lavanderia e un terrazzo esterno). In 13 anni vi sono state accolte 70 persone (60 donne in fine pena, misura alternativa alla detenzione o permesso premio e 10 bambini da 0 a 6 anni). Tre le donne accolte da inizio 2018 ad oggi.

A spiegare al Settimanale come nacque questo nuovo seme di carità in città sono padre Francesco Gonella, superiore della Casa della Missione e Francesca Torchio, coordinatrice della Casa Famiglia Vincenziana.

«Era il 1999 quando Ministero di Grazia e Giustizia e Regione Lombardia sottoscrivevano un protocollo d’intesa in materia di edilizia penitenziaria. Protocollo che auspicava, tra l’altro, la nascita e il potenziamento di micro-strutture residenziali destinate ad accogliere detenuti in misura alternativa alla detenzione. In virtù di ciò la Casa della Missione di Como decise di proporsi come partner del Comune di Como per l’attivazione di un progetto di housing sociale. Progetto che ha portato, nel 2005, alla ristrutturazione dell’appartamento dove oggi sorge la Casa Famiglia Vincenziana e alla sua inaugurazione, il 18 novembre dello stesso anno. Da allora la struttura ha funzionato quasi ininterrottamente, ad eccezione di un temporaneo periodo di blackout a seguito dell’indulto del 2006».

Perché la decisione di aprire questo spazio?

«Per chi ha vissuto un’esperienza di detenzione la scarcerazione rappresenta una fase molto difficile e traumatica. In Italia mancano percorsi riabilitativi che permettano a chi ha sbagliato di riprogettarsi e reinserirsi nella società. Per molte donne il carcere ha cancellato contatti, relazioni, opportunità. E una volta uscite si trovano spesso abbandonate a se stesse, prive di appoggi, disorientate rispetto al futuro che le attende. La Casa Famiglia Vincenziana si prefigge lo scopo di accoglierle in un contesto di vita comune, accompagnandole all’autonomia attraverso una graduale rilettura della propria esperienza di vita e riscoperta del proprio ruolo nella società. In questo senso ci proponiamo come una sorta di “porto sicuro”, cercando di prevenire la recidività ed il ritorno in carcere».

Leggete l’intervista completa sul numero di questa settimana.

Per saperne di più: padre Francesco Gonella, Francesca Torchio, casamissionecomo@gmail.com.