«Ci sono vite che da molti vengono giudicate “inutili”, bambini con gravi patologie, bambini ai quali viene diagnosticata una breve vita dopo il parto, o una non compatibilità con la vita. Queste vite che senso hanno? È questa la domanda che spesso sentiamo in giro, una domanda alla quale sentiamo di poter dare una risposta».

Inizia così la lunga lettera che due giovani sposi, Alessandro e Cristina, hanno inviato al Settimanale in occasione della Giornata per la Vita. Un testo in cui raccontano quanto vissuto nel corso del 2018: la nascita dei loro due bimbi e di come li hanno accompagnati “in un modo speciale”.

La condividiamo con tutti voi perché possa essere un’occasione di riflessione in vista della Giornata di domenica (e non solo)

Siamo Alessandro e Cristina e l’anno scorso abbiamo avuto la grazia di vivere e accogliere due vite, quelle dei nostri gemellini, Chiara e Tobia in un modo speciale.
Li abbiamo accompagnati per 26 settimane nella pancia della mamma e, dopo il parto prematuro al quale Chiara non è sopravvissuta, abbiamo vissuto con Tobia 97 intensissimi giorni in ospedale, in terapia intensiva neonatale.

Fin dall’inizio della gravidanza a Chiara e Tobia era stato diagnosticato un iposviluppo importante. Le prospettive, drammatiche anche solo da ricordare: la morte in utero, la nascita con un peso bassissimo e la possibilità di non sopravvivere, malattie genetiche che avrebbero potuto creare problemi seri dopo la nascita. Ci è stato proposto di approfondire con degli esami, che comportavano dei rischi minimi di compromettere la gravidanza, per capire se ci fossero malattie genetiche gravi in corso. Questi esami però, proposti anche in caso di gravidanze senza particolari patologie, non avrebbero potuto fare nulla per cambiare o migliorare lo sviluppo dei bambini.  Che senso avevano quindi? E che senso hanno? Forse solo di scoprire se il proprio figlio è sano, e se non lo fosse…poter abortire.

Fin da subito abbiamo deciso di non mettere a rischio la vita dei nostri piccoli e di proseguire con la gravidanza senza fare esami che potessero comportare dei rischi. Avevamo la certezza che Chiara e Tobia erano un dono e che li avremmo accolti in qualsiasi caso. Anche se gli interrogativi erano tanti, abbiamo scelto per la vita affidandoci al Signore.
Abbiamo avuto accanto tante persone e incontrato medici che ci hanno sostenuto in tutto, ma non tutti i genitori hanno queste condizioni e di fronte a tanto dolore, dubbi e incertezze non è per niente facile scegliere.


Alla 26esima settimana, il 14 gennaio 2018, improvvisamente è iniziato il travaglio. Alla nascita Chiara non respirava mentre Tobia, con un peso proibitivo di 390 grammi, contro ogni speranza e parere medico, ha pianto, è stato intubato e portato in terapia intensiva neonatale. Né Chiara, né Tobia soffrivano di malattie genetiche ma la piccola non ce l’ha fatta e noi, pur con il cuore spezzato per la morte di Chiara, abbiamo dovuto raccogliere tutte le nostre forze per restare accanto a Tobia e aiutarlo a lottare. Una piccola vita di 390 grammi è poco più grande del palmo di mano, eppure è un bambino in tutto, solo con dimensioni molto ridotte.

Sono stati giorni intensi. Abbiamo visto davvero la forza della vita, che è impossibile spiegare. Come un bambino di appena 26 settimane e di una manciata di grammi potesse renderci così felici di essere suoi genitori. Era una gioia grande e allo stesso tempo una prova durissima doverlo guardare attraverso il vetro dell’incubatrice e indossare un camice per poterlo toccare; potevamo solo appoggiare la mano su di lui e nonostante fosse così piccolo si aggrappava al nostro dito. Abbiamo aspettato intere settimane prima di poterlo tenere in braccio e potergli cambiare il pannolino, piccoli gesti che abbiamo imparato a fare con tutte le attenzioni e l’amore possibile, piccoli gesti che a un genitore “normale” possono sembrare scontati e ripetitivi, quasi fastidiosi, ma che per noi erano preziosissimi. Nonostante il respiratore, i farmaci e i gravi problemi che forse avrebbe avuto data la gravissima prematurità, noi avevamo scelto di amarlo comunque perché era bellissimo e speciale così com’era. Tobia ha lottato ogni istante per crescere ed è arrivato a pesare quasi 2 kg ma il 21 aprile scorso il suo cuore ha smesso di battere e si è addormentato tra le nostre braccia.

Nei suoi 97 giorni di vita abbiamo imparato la bellezza di spendere tutti noi stessi per lui, abbiamo imparato ad accoglierci l’un l’altro anche nei momenti di difficoltà, abbiamo capito che l’amore è una scelta che chiede di mettere da parte se stessi e i propri bisogni ed accogliere l’altro, avere attenzioni per lui. Abbiamo sperimentato l’essere parte di una Chiesa, con tutte le persone che ci sono state vicine con gesti o preghiere, abbiamo imparato a star davanti a chi soffre e vive situazioni di dolore, abbiamo visto persone che hanno ripreso a pregare pensando a Tobia, persone che hanno rivisto le priorità della propria vita o il proprio ruolo di genitori nel rapporto con i propri figli, che hanno preso consapevolezza che un figlio è un dono.

Chi siamo noi per decidere se una vita ha senso ed è degna di essere vissuta?
Oggi possiamo dire che in 97 giorni Tobia ha mosso tanti cuori, ha generato tanta bellezza in noi e in molte persone. Abbiamo capito che lui fa parte di un progetto più grande e che la sua vita, anche se per alcuni sarà stata “inutile e insignificante”, ha avuto un senso e una missione. Ci siamo impegnati ad accogliere la vita in tutto quello che è, ad offrire la nostra disponibilità con i nostri limiti e debolezze. Ci siamo fidati che Dio è buono e ha in serbo solo meraviglie, che il suo progetto è più grande e che possiamo scegliere di vivere a pieno ogni momento, con la bellezza che ha per noi concentrandoci sulle le scelte di amore che possiamo fare di fronte a certe situazioni.

Ciò non significa che siamo felici di non avere più Tobia con noi, ma siamo consapevoli della bellezza vissuta nei momenti passati con lui.
Vogliamo gridare al mondo di proteggere ogni vita, anche le più piccole e indifese, ma anche quelle di chi è considerato un peso e una nullità.
Vogliamo gridare ai giovani che la vita è bella, che devono fidarsi e affidarsi al Signore anche davanti alle prove che troveranno sul loro cammino, lasciandosi plasmare e trasformare e non facendosi scappare l’oggi con tutto il bello che contiene.
Vogliamo gridare ai medici di proteggere e avere sempre cura della vita, anche quando sembra impossibile. Vogliamo gridare alle amministrazioni e agli ospedali di sostenere le famiglie e le donne che si trovano di fronte a scelte difficili e situazioni dolorose aiutandole a scegliere la vita e a far crescere le piccole vite che portano in grembo.

Vederle crescere saprà trasformare anche la nostra vita.

Il testo è contenuto nello speciale che il Settimanale pubblica in occasione della Giornata nazionale di preghiera per la vita che verrà celebrata domenica 3 febbraio in tutta Italia. Da segnalare la riflessione di don Angelo Riva sull’aborto (con tutti i numeri in Italia); la testimonianza di Daniela Matarazzo, volontaria e presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Como; tutti i dati sul calo demografico in Valtellina e nel comasco accompagnati dalla riflessione della sociologa Chiara Giaccardi sull’ “inverno demografico”. E, ancora, le parole di accoglienza di una madre che invita ad aprire le porte e i porti alla vita dei migranti che sono bloccati al largo delle coste italiane; Infine il botta e risposta sul tema dell’eutanasia. Ci trovate nelle chiese della diocesi di Como.