Una proroga di 60 giorni per la rimozione dei cassonetti è stata concessa dal Comune di Como alla Cooperativa Orizzonti di Cantù che, in collaborazione con la Caritas diocesana, gestisce sul territorio di Como la raccolta dei vestiti usati con 49 cassonetti (di cui 42 cassonetti su suolo pubblico). L’altro soggetto impegnato nel settore – Humana onlus – ne gestisce 18.

“Rispondendo ad una nostra richiesta il dirigente del Comune ci ha concesso una proroga di sessanta giorni per la rimozione dei cassonetti che abbiamo sul territorio comunale. Per noi sarebbe infatti stato impossibile rispettare la scadenza del 1° maggio: rimuovere quaranta cassonetti di quelle dimensioni richiede uno sforzo logistico non indifferente che non può essere organizzato in pochi giorni”, ha spiegato a Il Settimanale Luca Mauri, presidente della Cooperativa sociale Orizzonti.

Per chi non avesse seguito la vicenda tutto ha avuto inizio lo scorso 11 aprile quando il dirigente del Settore Tutela dell’Ambiente, Parchi e Giardini del Comune di Como, Luca Baccaro, invia agli attuali gestori del servizio una comunicazione scritta in cui “si chiede il ritiro di tutti i contenitori entro 20 giorni” (ovvero il 1° maggio)  a seguito della scadenza delle concessioni.

Un atto assolutamente legittimo – i cui destinatari sono la Cooperativa Sociale Orizzonti e l’ONG Humana (18) – ma che non tiene conto di un fatto: la decisione fa seguito a due gare per la concessione dell’appalto del servizio andate entrambe deserte, dunque senza che vi sia un soggetto pronto a raccogliere il testimone.

La ragione della mancata partecipazione, a detta degli esperti del settore, è da riscontrare nelle richieste del bando che introduce una serie di nuovi requisiti oltre a richiedere un pagamento di 400 euro all’anno per ogni cassonetto (oltre al pagamento della tassa per l’occupazione di suolo pubblico).

Guardando solo ai cassonetti gestiti dalla Cooperativa Orizzonti (da cui la Caritas diocesana riceve una parte di utili da destinare ai propri servizi, quantificabili in 6-7 mila euro in previsione per l’anno in corso) vorrebbe dire sborsare una cifra attorno ai 20 mila euro. Troppi.

Tanto che, ad oggi, di fronte alle gare andate deserte il rischio, sempre più reale, è quello di veder rimossi i cassonetti costringendo i cittadini comaschi a considerare i vestiti usati alla stregua di rifiuti indifferenziati da gettare nel “sacco nero”.

È doveroso precisare infatti che i vestiti introdotti nei cassonetti non vengono più, diversamente da alcuni anni fa, destinati direttamente ai “bisognosi” (anche perché parliamo di 400 tonnellate all’anno, solo guardando alla città di Como) ma affidandoli ad imprese che li rimmettono sul mercato destinando parte degli utili a scopi sociali.

“Dobbiamo metterci in testa che quello dei vestiti usati – ha spiegato Bruno Magatti, capogruppo in Consiglio comunale della lista di Civitas e primo a sollevare la questione in città,  – è un sistema economico gestito, nel caso di Como, da imprese sociali, ma che sempre imprese sono. Con un valore medio di 30 centesimi al kg a cui i vestiti vengono oggi venduti, per essere poi destinati ai mercati dei vestiti usati, in Italia e all’estero, e in un secondo tempo a realizzare pezzame, non è possibile sostenere i costi di gestione”.

“A partire dalla prossima settimana – precisa Mauri – inizieremo ad organizzare la rimozione dei cassonetti che sarà completata entro i sessanta giorni della proroga”.

Il presidente della Cooperativa sociale vuole evitare ogni polemica con il Comune ma ammette: “Spiace che la rimozione avverrà senza che vi sia già un nuovo soggetto in grado di assicurare il servizio (il nuovo bando è atteso infatti per la metà di maggio ndr) e questo in un periodo dell’anno, quello del tradizionale “cambio degli armadi”, in cui maggiore è il loro utilizzo”.

L’intervista completa a Luca Mauri, presidente della Cooperativa Orizzonti, uscirà sul Settimale della prossima settimana.