«Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia». Questo detto africano riassume bene il cammino che i giovani del gruppo Legàmi stanno vivendo ormai da alcuni anni. Abbiamo imparato a conoscerli raccontando, attraverso questa rubrica, i loro incontri quindicinali con il mondo di chi vive ai margini. Oggi vi portiamo letteralmente nella loro casa perché, ed è questa una bella novità, da due mesi tre giovani del gruppo – Samuele, Filippo e Mattia – hanno deciso di andare a vivere insieme per condividere, ancor più da vicino, le motivazioni che hanno portato alla nascita di Legàmi. Un’abitazione, a Montano Lucino, che è divenuta anche sede del gruppo e punto di riferimento per tutti i giovani che si avvicinano a questa esperienza.

Permettetemi di iniziare con una battuta: Legami ha messo su casa. Vuol dire che siete diventati grandi?
Rispondono insieme: «Direi piuttosto che stiamo crescendo…e oggi facciamo i conti con lavatrici, ammorbidenti e aspirapolvere! Scherzi a parte è stato per noi e per Legàmi un passaggio. L’idea di andare a vivere insieme è nata al “ponte dei morti” dello scorso anno quando, insieme ad alcuni ragazzi del gruppo, siamo andati a Rimini a far visita ad alcune case di accoglienza dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Da lì è nato, quasi per gioco, il desiderio di andare a vivere insieme per poter sperimentare la fraternità».

Mi raccontare brevemente chi siete e perché questa scelta?
Samuele: «Mi chiamo Samuele Casartelli e ho 23 anni. Lavoro come educatore alla parrocchia di Rebbio e faccio parte di un’unità di strada che lavora in città con i senza dimora. Nel frattempo sto studiando per la laurea magistrale in scienze pedagogiche. Il primo desiderio di vivere un’esperienza di fraternità come questa, condiviso già da alcuni anni con mio cugino Mattia, era nato durante la marcia francescana di tre anni fa. Un desiderio che è cresciuto parallelo al cammino di fede: quando mi sono accorto che l’esito della fede è la comunione, ho pensato che non ci fosse nulla di più bello che condividere questo cammino con i fratelli».
Mattia: «Sono Mattia Molteni, ho 22 anni e sto finendo il corso di laurea in infermieristica. Nel frattempo lavoro come assistente educatore. Come diceva Samuele il desiderio esisteva da un po’, ma ha potuto concretizzarsi grazie all’incontro con Filippo. Anche per me il desiderio più grande è quello di poter vivere nel concreto la quotidianità della fede».
Filippo: «Filippo De Rosa 26 anni, sono il vecchio della casa (ride nrd) e da due anni lavoro come architetto a Milano. La scelta di vivere qui non nasce per un desiderio di indipendenza, anzi le comodità di casa mi mancano da morire! È stato un fulmine a ciel sereno, scoccato a Rimini. Una bella idea divenuta nel corso di pochi mesi realtà. E’ stato incredibile vedere come le cose via via si allineassero inspiegabilmente per permettere che tutto avesse inizio».

Cosa vi differenzia da tre amici che decidono, semplicemente, di andare a vivere insieme?
Mattia: «Sicuramente il fatto che questa non è solo casa nostra, perché ci sono tanti giovani del gruppo Legàmi e non solo che passano. Qui teniamo le nostre riunioni settimanali e i vari incontri. Il desiderio è che ogni persona possa sentirsi qui come a casa propria…»
Samuele: «Un altro elemento è quello di provenire da un percorso comune fatto di servizio e preghiera insieme».
Filippo: «Avere un posto dove pregare, un angolino semplice con un’icona e la Bibbia. E’ una cosa che mi aiuta molto a mettere al centro la preghiera. E poi viviamo in tre nella stessa camera, da fratelli».

I ragazzi di Legàmi raccontano i loro incontri nella Como di chi vive ai margini

Quanto credete sia importante per giovani come voi, che condividono anche un percorso di fede, avere l’opportunità di sperimentarsi in una dimensione abitativa come questa?
Mattia: «Per me è fondamentale, perché ti fa sperimentare la fede a livello quotidiano evitando il rischio di staccarla dalla tua vita di tutti i giorni. Perché, in fondo, come ci dice spesso un religioso: “Stare insieme in un certo modo è già Vangelo”.
Samuele: «È molto bello tornare a pranzo o a cena e trovare dei fratelli. Questo mi aiuta a vivere in comunione, a rimanere nel rapporto con il Signore. Allora anche le attività quotidiane, come cucinare per chi tornerà tardi, diventa già preghiera».
Filippo: «È un’occasione per rimettere al centro le relazioni: da pendolare che frequenta il treno tutti i giorni, dove nessuno si parla per paura di entrare di invadersi, è una cosa evidente. Tornare a casa e avere un luogo dove coltivare delle relazioni è davvero bello».

Quali prospettive avete per il futuro di “Casa Legami”?
Filippo: «Cosa sarà questa casa in futuro non lo sappiamo, diciamo che è iniziata da una serie di sogni e in futuro sarebbe bello che questa comunione potesse allargarsi a 360 gradi accogliendo anche le persone che troviamo durante il giro Legàmi. Sarebbe incredibile, ma sappiamo anche che adesso non è il momento perché bisogna essere preparati, strutturati, non ci si improvvisa».
Mattia: «L’idea era di partire, di iniziare a vivere la comunione tra di noi, di coinvolgere altri giovani, ma perché no anche preti. I sogni sono molti ma poi vedremo cosa lo Spirito vorrà…»
Samuele: «Vorrei chiudere con una piccola nota fuori campo dedicata ai nostri vicini stupendi: una famiglia turca che ci fa il pane e la pizza e una famiglia egiziana che condivide con noi i falafel. Questa convivenza che si allarga anche al vicinato è davvero bellissima e arricchente. Sembra di tornare ai racconti della nonna quando si viveva nelle corti e ci si dava una mano».

L’articolo è tratto dalla rubrica mensile che i giovani di Legàmi tengono su Il Settimanale.