Proseguono i lavori per la “Quarta Navata” della Cattedrale, espressione suggestiva che definisce il nascituro Museo del Duomo di Como. L’idea di “Quarta Navata” nasce dalla collocazione e dallo sviluppo dell’area espositiva, che sarà estesa su due piani (per un totale di 500 metri quadrati), nell’edificio dei canonici di via Maestri Cumacini. Quindi spazi attigui e quasi naturale prosecuzione della “fabbrica” della Cattedrale, che il Museo stesso aiuterà a conoscere e capire meglio, in quella che è la sua essenza: cuore della vita religiosa e sociale della città e della diocesi. Nel cantiere si sta completando la parte infrastrutturale. La prospettiva è quella del taglio del nastro nel corso del 2020. Un Museo che concilierà fede, tradizione, storia, cultura e arte nella convivenza fra patrimonio antico e allestimento contemporaneo, supportato dalle molte applicazioni tecnologiche della realtà aumentata. Il professor Alberto Rovi, conservatore del Museo del Duomo, ci spiega che «l’idea che ha ispirato e motiva l’intero progetto è quella di rendere la Cattedrale patrimonio di tutti e, attraverso la Cattedrale, far comprendere la storia del nostro territorio, con la città di Como al centro di intrecci e legami profondi con l’Europa e il Mediterraneo».

Protagonisti del Museo saranno i santi del Duomo: le sante Liberata e Faustina, Sant’Abbondio, i santi Proto e Giacinto. I reliquiari – oggetti particolari e per lo più considerati, abitualmente, nel solo loro aspetto devozionale – racconteranno inedite pagine di storia, che ci conducono all’epoca delle Crociate o dei primi pellegrinaggi in Terra Santa. «Nell’Urna Volpi – dice il professor Rovi –, che sarà collocata al piano terra del Museo, abbiamo ritrovato oggetti di produzione araba e reliquie provenienti dalla Palestina. Oggetti e cartigli che ci illustrano una forte devozione mariana e che, legati a Maria, ci riportano direttamente a Gesù».

«Abbiamo una piccola pergamena – riprende il conservatore – che ci dice di una particolare devozione, proveniente dal Nord Europa, per Tommaso Becket. Pare che in Cattedrale ci fosse addirittura un altare dedicato al santo arcivescovo di Canterbury morto martire e di cui si è persa ogni traccia». Poi, naturalmente, la aumôniere – più familiarmente “scarsella” – di epoca duecentesca, appena restaurata e, fino allo scorso 10 novembre, esposta presso la fondazione Abbegg di Riggisberg (nello svizzero Canton Berna), una vera e propria istituzione a livello mondiale specializzata nello studio di tessuti storici.

E poi ancora le statue di Liberata e Faustina con i loro reliquiari, i modelli lignei della cupola e degli organi del Duomo, alcuni oggetti liturgici provenienti dalla chiesa di Santa Cecilia, «come un bellissimo reliquiario veneziano del ‘300, attualmente posto su una base del 1700, che la tradizione vuole conservi frammenti del legno e del cordame della Croce di Gesù», riprende Rovi. Quadri di santi e sante risalenti a fine Quattrocento-inizio Cinquecento, i documenti che spiegano i rapporti fra i canonici del Duomo e le pievi circostanti, in particolare quella di Zezio, che comprendeva la Valle del Cosia, quella del Seveso, la bassa valle del Breggia fino a Carate. Nel Museo, dunque, troverà spazio anche una ricostruzione, geografica, della Como antica e del territorio circostante. Ci saranno teche con oggetti, totem, pannelli espositivi e apparati multimediali. Insieme a gruppi del Compianto e ai cimeli innocenziani. Al primo piano saranno esposti – prevedendo una turnazione che ne salvaguardi la conservazione – i paramenti liturgici, la ricostruzione della pianta del Duomo (che si completa con la visuale esterna sulla parete laterale, grazie agli ampi affacci), la Quadreria oggi conservata nella Sacrestia dei Mansionari (con tele del Morazzone, di Filippo Abbiati, la copia di un Caravaggio perduto e di maestri caravaggeschi), e due dipinti di Giambattista Recchi: il martirio di San Marco (ambientato in Duomo) e il miracolo di Sant’Abbondio (attualmente conservato nella basilica del santo, anch’esso raffigurante l’interno della Cattedrale). Insomma tanto, tantissimo.

«Il Museo del Duomo – riflette il professor Rovi – sarà soprattutto una sfida divulgativa, un’occasione di conoscenza con un approccio culturale che, mantenendo il proprio valore, vuole raggiungere tutti. Inoltre il Museo “farà rete” suggerendo la visita alle altre istituzioni culturali del territorio (come la Pinacoteca Civica di Como, piuttosto che il Museo del Tesoro di Chiavenna o il Museo diocesano di Scaria, il “Centro Studi Nicolò Rusca”, solo per fare degli esempi), così da completare la conoscenza dei percorsi storici e artistici della città e della diocesi». La Cattedrale, dunque, cuore pulsante di fede e cultura. Con un altro progetto: pubblicare, periodicamente, studi e saggi sul patrimonio esposto.