Un giorno fa, nella solennità di San Giuseppe, il Papa ha ricordato nella preghiera tutti i detenuti, la cui condizione di reclusione è ulteriormente appesantita dalle restrizioni imposte dall’emergenza Covid-19.

Ma come procede la vita carceraria all’interno della Casa Circondariale del Bassone di Como?

Anche il carcere di Albate una decina di giorni fa, sulla scorta delle gravi proteste messe in atto in altri istituti anche il Bassone ha registrato qualche intemperanza: dallo sbattere rumoroso di pentolame sulle sbarre, al lancio di oggetti, all’incendio di qualche lenzuolo. Nulla di paragonabile a quanto accaduto a Modena, e velocemente rientrato in poche ore, ma che testimonia il disagio e la fatica con cui i detenuti si stanno adattando alle novità imposte da virus. Le proteste al Bassone sono rientrate anche grazie all’impegno messo in campo dalla struttura nel mantenere sempre aperti i canali di dialogo con i detenuti. Dialogo che si è concretizzato anche in un incontro in videoconferenza di una rappresentanza dei detenuti con alcuni magistrati. Nell’ambito del quale i detenuti hanno manifestato il loro disagio rispetto alla situazione ed avanzato alcune richieste, in particolare sulla velocizzazione di pratiche pendenti come la detenzione domiciliare, piuttosto che valutazioni più rapide sulla concessione della libertà anticipata. Positiva la risposta dei magistrati, dichiaratisi disponibili a valutare ancor più rapidamente le problematiche sollevate, anche in considerazione dell’emergenza sanitaria in atto e dei rischi potenzialmente generati dalle condizioni di affollamento in cui i detenuti vivono.

Ricordiamo che presso il Bassone sono oggi detenute circa 450 persone, a fronte di una capienza regolamentare di circa 230.

Ma che cosa è cambiato, effettivamente, per “ospiti” e personale della Casa Circondariale di Como nelle ultime settimane? Va innanzitutto detto che il Bassone sta gestendo la fase di emergenza in collaborazione con l’ASST Lariana, in attuazione delle linee d’indirizzo diramate dalla direzione generale del welfare di Regione Lombardia. Uno dei primi interventi è consistito nella limitazione degli accessi dall’esterno: in particolare, la sospensione dei colloqui dei detenuti con i familiari. Ed è stato soprattutto questo provvedimento ad accendere la miccia della protesta. Anche se, in realtà, non si è trattato di una vera e propria sospensione, piuttosto della loro sostituzione con conversazioni telefoniche. Fino a prima dell’emergenza la prassi prevedeva per ogni detenuto il diritto a sei colloqui al mese e una telefonata a settimana. Oggi, eliminate le visite, sono consentite tre chiamate la settimana. Inoltre, per i familiari che hanno la possibilità di attrezzarsi adeguatamente, il Bassone permette anche colloqui a distanza attraverso la piattaforma Skype.

Oltre a sospendere l’accesso ai familiari si è, ovviamente, reso necessario, alle prime avvisaglie dell’emergenza, attivare un sistema di controllo degli ingressi dei nuovi detenuti e del personale che quotidianamente opera all’interno della struttura. A questo proposito la Protezione Civile ha provveduto al montaggio di una tensostruttura destinata al triage. In base alle linee di indirizzo della direzione generale del welfare regionale i controlli consistono della somministrazione di un questionario da parte di operatori sanitari, nella misura della temperatura corporea e in una visita che rilevi eventuali sintomi evidenti di malessere. Sulla base dell’esito della visita si autorizza o meno l’accesso al carcere da parte di personale esterno. Come detto stessa procedura viene messa in atto nei confronti del personale: dopo un primo controllo, come da procedura indicata, ogni operatore viene invitato a far presenti eventuali successive condizioni di malessere. Il personale non viene pertanto sottoposto a triage tutti i giorni, però ogni giorno è rilevata la temperatura.

Detto ciò la vita continua con regolarità all’interno del Bassone, pur con l’inevitabile riduzione di alcune tradizionali attività quotidiane.  Lo stop degli ingressi non ha riguardato infatti soltanto i familiari, ma anche i volontari. Ciò ha imposto, obbligatoriamente, una frenata a tutti quei servizi che richiedevano una guida dall’esterno. Fanno eccezione le attività rivolte a detenuti ex tossicodipendenti, portate avanti dagli operatori del Sert, che continuano ad accedere alla struttura. Sospese invece tutte le attività didattiche, come del resto è avvenuto in tutto il Paese. Alcuni servizi, come il centro stampa, proseguono in gestione autonoma da parte dei detenuti. Ovvie limitazioni sono state imposte anche alle attività sportive, che si svolgono regolarmente laddove non sia necessaria la presenza di insegnanti o guide esterne, mentre i detenuti continuano a frequentare la palestra così come a gestire in autonomia alcuni eventi.