Il tema non è nuovo, purtroppo. E periodicamente ritorna. Gli alloggi popolari sfitti sono una di quelle spine di cui ogni amministrazione farebbe volentieri a meno. Da un lato c’è chi dà la colpa alle scelte di campo di chi guida la città, che decide dove e come orientare le risorse disponibili; dall’altro la risposta cliché di ogni amministratore è che le risorse non sono mai sufficienti, poi ci sono i tempi della burocrazia… e chi più ne ha più ne metta.

Il risultato, se guardiamo al Comune di Como, è di un patrimonio abitativo di 790 alloggi di proprietà. Di questi 764 sono di edilizia pubblica (le tradizionali case popolari). Ad inizio anno gli immobili liberi, su 764, erano 222, di cui 32 disponibili per l’assegnazione (bando 2019 26 + 6 per cambi alloggio). Nel corso dell’anno, ad oggi, sono in corso di sistemazione altri 5 alloggi, mettendo a bando 2020 in totale 7 appartamenti, di cui due con spese a carico degli assegnatari – in quanto inferiori a 8.000 euro come previsto dalle norme regionali -. Non sono previsti altri bandi nel 2020 sino a che Regione Lombardia non avrà apportato modifiche al regolamento vigente. Riguardo agli alloggi liberi ad oggi: 193 necessitano di interventi di diverse entità; 29 sono stati dichiarati inagibili.

Via San Bernardino da Siena

L’argomento è tornato a far discutere negli ultimi tempi anche in relazione alla mancanza di spazi adeguati per accogliere i senza dimora del capoluogo. A sollevarlo, tra gli altri, il gruppo politico “La Prossima Como” e il gruppo consiliare del Partito Democratico, che chiedono la messa a disposizione degli spazi disponibili. E agli alloggi sfitti si aggiunge anche il problema del degrado anche di spazi abitati, e alle condizioni in cui versano alcuni residenti. «La scelta di assegnare un alloggio ad una persona – spiega al Settimanale Luigi Nessi, “La Prossima Como” – va compiuta nel pieno rispetto della sua dignità. Eppure quante solitudini ed abbandoni vedo ancora oggi dentro queste case. Da tempo chiediamo l’istituzione della figura del portierato sociale nelle case comunali in cui sono presenti situazioni di fragilità o solitudini estreme, per le quali una figura di riferimento, a cui appoggiarsi, sarebbe indispensabile, a maggior ragione in virtù del fatto che adesso non ci sono più nemmeno i consigli di circoscrizione. Un povero diavolo che ne ha necessità a chi si può rivolgere?»

Sollecitata sul tema dal nostro giornale questa è la risposta che ci è pervenuta dall’assessore comunale competente Angela Corengia:

«La situazione degli immobili indisponibili è un problema che si trascina da anni e sono state intraprese queste azioni.

– La Giunta ha adottato, in data 6 febbraio 2020, un atto di indirizzo per “Valorizzare gli alloggi ERP mediante previsione di clausole di riscatto da parte degli assegnatari e mediante assegnazione a soggetti operanti nel terzo settore per attivazione di politiche sociali”.

– L’Ufficio tecnico sta predisponendo le schede di tutti gli appartamenti del patrimonio residenziale, con lo stato manutentivo e gli importi presunti per la messa a norma/riqualificazione. Si partirà da questa analisi anche per operare le scelte di attuazione dell’indirizzo di cui sopra.

– Collateralmente con la Regione identificheremo possibili soluzioni per immettere sul mercato il maggior numero di immobili possibili, sia a fini residenziali – anche con possibilità di riscatto – che destinati a servizi sociali (per disabilità, famiglie in difficoltà, grave marginalità, progetti di cohousing).

– L’analisi in corso da parte dell’Ufficio tecnico consentirà di efficientare gli interventi programmati, in modo da avere una gestione efficace delle risorse e non procedere “a macchia di leopardo”, riqualificando, ove possibile, interi stabili. In questa direzione vanno gli interventi già programmati (Via Polano: ascensore e rifacimento della copertura)».

Trovate il servizio completo sul Settimanale in uscita questa settimana