«Rimandati a settembre». Scherzano don Luca Giudici (nativo della parrocchia di Parè, poi diventata comunità pastorale di Parè e Drezzo) e don Gianluca Salini (originario di Ardenno) quando gli chiediamo come si sentono in attesa della loro ordinazione sacerdotale, spostata, causa coronavirus, dallo scorso giugno al prossimo 12 settembre, alle ore 10.00, in Cattedrale, a Como.

«Abbiamo vissuto mesi fuori dall’ordinario – ci rispondono –, tante persone hanno sofferto e continuano a soffrire per le conseguenze del coronavirus. Ci è dispiaciuto, ma in fondo è solo uno slittamento di un paio di mesi».

“Vi ho chiamato amici”. Questo il motto scelto dai due futuri novelli sacerdoti per il giorno della loro consacrazione presbiterale. «È bello sapere che siamo stati chiamati da Gesù. È un rapporto di fiducia, confidenza, amore che si alimenta quotidianamente», ci spiega don Luca. Don Gianluca aggiunge che la frase che accompagnerà la loro ordinazione esprime «l’invito a vivere l’amicizia umana come specchio della relazione con Dio».

Come sono stati i mesi del lockdown, costretti a stare lontani dalle attività pastorali che caratterizzano il cammino di ogni seminarista? In particolare nell’anno del diaconato?
Luca: «Ci sono mancate le nostre comunità. Alla fine abbiamo cercato di vivere questa situazione con il massimo della serenità. Vista l’emergenza non era possibile fare altrimenti».
Gianluca: «Le settimane del lockdown ci hanno permesso di approfondire lo studio, riprendere passioni che magari avevamo accantonato. Inoltre la vita in Seminario è stata senza dubbio differente, abbiamo potuto alimentare relazioni personali e amicizie, condividendo momenti di spiritualità che non dimenticheremo».

Che cosa avete imparato da questo tempo di prova e in che modo potrà essere un’esperienza utile in funzione della vostra ormai prossima ordinazione e vita sacerdotale?
Gianluca: «Siamo chiamati a guardare le situazioni e a valutare quali insegnamenti trarne. In questi mesi nei quali ci è stato chiesto di alimentare di più la vita spirituale, rispetto alle attività concrete, abbiamo avuto modo di capire il valore di questo dono. Ci siamo fermati in preghiera per il popolo, con le braccia levate al cielo, come Mosè. In più occasioni mi è tornata questa immagine, pensando alle fatiche delle persone e al bisogno che ci sia anche chi aiuti a tenere in alto le braccia. È un accompagnamento reciproco. Certo, è mancato il contatto, la relazione. Ora servono parole di vicinanza per non lasciare solo nessuno nel cammino di fede e di vita».

Don Luca a Berbenno, don Gianluca a Grosio: avete fatto il Grest? Come è andata?
Luca: «Sì, siamo riusciti a organizzare le tradizionali attività estive nelle comunità dove siamo stati chiamati a svolgere il nostro ministero da seminaristi e diaconi. È stato un Grest particolare. Quello che non è mancato è stato l’entusiasmo dei ragazzi, delle famiglie e degli animatori. La necessità di lavorare a piccoli gruppi ha ulteriormente favorito la conoscenza reciproca e questo è stato senza dubbio un bene».

Che cosa vi augurate per il vostro futuro, anche a partire da quanto maturato in questo tempo?
Gialuca: «Riprendo un’affermazione del Vescovo Oscar nella Messa Crismale. Dobbiamo ripartire da Dio. Mi auguro che non ci si limiti alle parole, ma che sia un impegno di vita vera e vissuta, lasciando indietro ciò che è superfluo, per capire l’essenziale, soprattutto quell’Essenziale».
Luca: «L’emergenza ha evidenziato la fatica, il dolore della solitudine. Mi auguro, per il mio futuro, di essere attento alle persone sole ed emarginate, ai poveri, a chi fa fatica, a chi è escluso».