Già da quando era giovane animatore nella parrocchia di Sant’Ambrogio a Regoledo di Cosio, in don Roberto Malgesini si vedevano bontà e disponibilità, una capacità di darsi da fare per tutti, anche più di quanto gli venisse chiesto. E senza mettersi in mostra, senza voler apparire. A ricordarlo è don Renato Corona, oggi parroco della Comunità pastorale della Valmalenco e vicario parrocchiale a Regoledo tra il 1985 e il 1994.
Nato a Morbegno il 14 agosto 1969 da mamma Ida e papà Bruno, don Roberto è cresciuto assieme ai fratelli Mario, Caterina ed Enrico. Dopo il diploma da ragioniere, per tre anni ha lavorato alla Banca Popolare di Sondrio, fino a maturare il desiderio di entrare nel Seminario diocesano. Dopo l’anno propedeutico a Brescia, nel 1992 ha iniziato la formazione al sacerdozio.
«Ci siamo trovati ad essere gli unici due valtellinesi in classe – ricorda don Mariano Margnelli, collaboratore a Lanzada per la Comunità pastorale della Valmalenco – e ci sostenevamo a vicenda. Siamo subito diventati amici e si è creato un legame anche con la sua famiglia. Siamo sempre rimasti in contatto e tre anni fa lo avevo invitato in Valmalenco per offrire, all’interno di una Via Crucis, la sua testimonianza dell’impegno con le persone che vivono in strada».
Dopo l’ordinazione diaconale il 6 settembre 1997, nella chiesa del Sacro Cuore a Sondrio, don Roberto ha svolto i successivi mesi di ministero nelle comunità di Socco e Bulgorello, nella Bassa Comasca, trovando come parroco un altro valtellinese, don Giuseppe Scherini, oggi parroco di Ponte in Valtellina. Con l’ordinazione sacerdotale, ricevuta dal vescovo Alessandro Maggiolini il 13 giugno 1998, è stato nominato vicario parrocchiale a Gravedona. Un’esperienza conclusasi nell’estate 2003 con il trasferimento a Lipomo, dove ha trovato come parroco il compaesano don Mario Moiola. Nel 2008, infine, don Roberto poté avviare la sua esperienza di servizio ai più poveri, agli ultimi della città di Como, stabilendosi accanto alla chiesa di San Rocco.


«Quando ha preso quella decisione di seguire gli ultimi – confida un altro compagno di ordinazione, don Alessandro Di Pascale – non ci stupì più di tanto. Don Roberto era sempre stato buono, gentile e tanto umile. Per me un grande amico, soprattutto un grande fratello».
Il servizio di don Roberto però non era un semplice sforzo umano. «Prima di uscire ad incontrare le persone che aiutava – racconta don Alessandro -, passava ore in preghiera, in adorazione del Santissimo. Si svegliava prestissimo e non teneva niente per se stesso. Ciò che faceva era proprio la sua vita e non avrebbe potuto cambiarla con altro».
La morte di don Roberto, oggi, arriva a 27 anni esatti dal martirio del Beato Pino Puglisi. «Ho pensato a questo anniversario non appena ho appreso la morte di don Roberto – confida don Mariano -, così come ho pensato a don Renzo Beretta, ma anche al fatto che oggi la chiesa celebri la Madonna addolorata e la mia preghiera è stata subito per mamma Ida».

ALBERTO GIANOLI