Sono partite nella mattina di giovedì 1° ottobre, alla volta del prestigioso museo del Louvre, le statue del Maino che compongono il complesso dell’Altare del Crocifisso nella Basilica Cattedrale di Como. Il San Giovanni e la Maddalena sono state realizzate da Giovan Angelo Del Maino all’inizio del XVI secolo. 

Prima il Museo del Louvre, a Parigi, dal 22 ottobre prossimo al 16 gennaio del nuovo anno e poi Milano, nelle sale espositive del Castello Sforzesco, dal 5 marzo al 6 giugno 2021.

Le statue lignee raffiguranti la Maddalena e l’evangelista Giovanni, hanno lasciato la loro collocazione ai piedi del Crocifisso della Cattedrale di Como per essere ammirate, da migliaia di persone (coronavirus permettendo), nell’ambito della mostra “Il corpo e l’anima, da Donatello a Michelangelo. Scultura italiana del Rinascimento (1460-1520)”.

L’iniziativa nasce dalla collaborazione fra i due prestigiosi musei e nel novero delle 150 opere in esposizione rientrano anche le sculture comasche. Realizzate da Giovan Angelo Del Maino, sono datate a inizio XVI secolo.

Realizzate in legno di tiglio, le statue presentano una pittura d’oro “graffiato” (ovvero una base dorata, poi ricoperta con altri colori e successivamente scalfita) «che dona un effetto bellissimo», racconta  lo storico dell’arte Alberto Rovi.

Il restauro conservativo, che ha preceduto la partenza, è stato affidato al bergamasco Luciano Gritti, che con il papà, Eugenio, aveva già collaborato alla sistemazione della pala di Sant’Abbondio e delle statue del “gruppo della crocifissione”.

Eugenio Gritti negli Anni Novanta, confermò anche la paternità di Del Maino, su base stilistica e tecnica, delle statue in partenza per la Francia.

In vista dell’esposizione al Louvre e al Castello Sforzesco, San Giovanni e la Maddalena sono state sottoposte a pulitura, consolidamento del colore e trattamento antitarlo (l’ultimo intervento di questo tipo era stato portato a termine nel 2005).

«Del Maino – sottolinea Rovi – è senza dubbio uno dei più grandi scultori del Rinascimento lombardo, per quanto riguarda le opere in legno».

Avvicinarsi alle sculture è un vero e proprio viaggio nel tempo. Il fronte è ricco e lavorato. Il retro rivela il tronco grezzo, dove è possibile ammirare l’attività di scavo nella materia, i chiodi che assemblano le varie parti, mentre si scorgono i segni degli sportelli che completavano le opere. Gritti prende la lampada e ci accompagna alla scoperta del genio dell’artista.

«Innanzitutto notiamo l’equilibrio che la statua mantiene, con la posa che permette di dare movimento alla scultura e, al tempo stesso stabilità. Poi ci sono le pieghe del vestito e la cura, quasi maniacale, dei dettagli. Nella bocca aperta della Maddalena è stato persino scolpito il nervo che frena la lingua».

Bellissime le decorazioni: «abbiamo motivi a specchio, alternanza di colori, attenzione ai particolari e alle sfumature, una finezza di decoro che evidenza, ancora di più, la compostezza dei corpi e l’anatomia».

L’oro era stato pensato e voluto per suggestionare i fedeli: «oggi vediamo queste statue con la luce delle lampade artificiali. Immaginiamole all’epoca, luminosissime, colpite solo dalla luce naturale che riusciva a penetrare le vetrare della Cattedrale. In chi le guardava, l’ammirazione doveva essere grandissima».

La qualità delle opere, insomma, «esprime al massimo livello l’esigenza che l’artista ha di dare sfogo al proprio estro, combinando il tutto con il virtuosismo della tecnica e il fatto che maggiore era la bravura, maggiore erano anche le commesse lavorative».

Il Museo del Louvre, presentando l’esposizione, afferma che la mostra «individua le principali linee di forza che si diffusero in tutta Italia durante la seconda metà del Quattrocento, culminando, all’inizio del Cinquecento, in un periodo di massimo splendore della scultura rinascimentale.

La rappresentazione della figura umana nella diversità dei suoi movimenti assume quindi forme estremamente innovative. Questa ricerca sull’espressione e sui sentimenti è al centro delle opere degli scultori del periodo», dai più grandi ai cosiddetti minori. Una storia di cui sono parte anche le statue lignee del Duomo di Como.