Sabato 6 maggio il tema dell’accoglienza cittadina è stato affrontato dalla Diocesi di Como nel corso di un incontro vivace e partecipato: insieme si sono confrontati sacerdoti e laici in rappresentanza delle diverse comunità parrocchiali di Como, la Caritas diocesana (compreso il Centro d’Ascolto cittadino), l’Ufficio Migrantes, le congregazioni religiose. A coordinare i lavori: il vicario per la pastorale don Fabio Fornera e il Vescovo Oscar, i quali hanno ascoltato con attenzione l’analisi di quanto si è fatto, la descrizione di spazi e risorse, le idee e la progettualità per il futuro.

La città di Como è oggettivamente “sotto pressione”, presentando un quadro molto simile a quanto accade in un’altra città di frontiera, Ventimiglia, anch’essa “sovraccaricata”.

Dalla riunione dello scorso 6 maggio è emerso con chiarezza che la comunità credente comasca non è rimasta a guardare (anche a partire dal Vademecum diocesano sull’Accoglienza): buona parte delle parrocchie della città ha offerto e continua a offrire aiuto non solo alla popolazione migrante ma anche alle povertà storiche di senza tetto, famiglie in difficoltà, persone in situazioni di fragilità e di grave emarginazione.

A tutti si è espressa la sentita gratitudine per questa testimonianza di umanità. Caritas diocesana si è spesa, insieme a tanti altri, in sintonia con le linee regionali e nazionali, per garantire a tutti almeno la sussistenza e per interagire con le istituzioni in vista di obiettivi più alti, cercando di conciliare carità, giustizia e legalità.

È lo sforzo di collaborare ad esempio al Campo Governativo, o il confronto sulle modalità di accoglienza che ha portato al bando pubblicato dalla Prefettura di Como – del valore di 59 milioni di euro (di cui gli organismi ecclesiali beneficeranno in misura non superiore al 10%) -, considerato, dal punto di vista dei contenuti, fra i migliori in Italia.

Alcune proposte concrete maturate al termine della riunione prevedono la costituzione di una Caritas intervicariale per la città di Como, al cui tavolo siedano parrocchie, un delegato per l’Ufficio Migrantes e un coordinatore messo a disposizione dalla Caritas diocesana, il quale, operando già nei servizi attivi sulla marginalità, ha un quadro generale di tutte le esigenze presenti, nel tentativo di ricercare un equilibrio che non crei ulteriori diseguaglianze: necessità diverse, chiedono risposte diverse, senza dimenticare la difficile convivenza che può venirsi a creare fra chi (e sono ancora molti) condivide strade, androni, cortili e portici.

È stata confermata l’intenzione di aprire, con il coordinamento Caritas, un nuovo spazio di accoglienza in città (simile, per il tipo di servizio, al dormitorio “emergenza-freddo”, quindi una bassissima soglia): una ventina di posti, da destinare a senza tetto e migranti in transito (così da offrire un’alternativa al dormitorio emergenziale fino a oggi attivo presso la parrocchia di Rebbio, che continuerà comunque ad assicurare ospitalità a donne e bambini).

Infine un’azione di tipo pastorale e culturale. Innanzitutto, senza giudicare, porre ancora la domanda: sto facendo tutto quello che posso? La carità è un percorso che si costruisce insieme e che richiede tempi di maturazione, non sempre uguali per tutti, e che comporta anche l’intelligenza del saper riconoscere i propri limiti, perché comunque non si potranno sempre trovare risposte per tutti.

Da qui la necessità di una sensibilizzazione rivolta alla società, alla politica, alle istituzioni in generale, perché ciascuno faccia la propria parte.