Si è conclusa mercoledì 25 ottobre, dopo un’intensa settimana di incontri e visite, la mostra “Minerali Clandestini a Como”. I numeri parlano di un successo per un’esposizione fotografica che punta a far riflettere sull’utilizzo di minerali provenienti da zone di conflitto nella produzione di oggetti di uso comune: dagli smartphone ai tablet, passando per spazzolini elettrici, phon, occhiali, lampadine, chiavette usb, componenti di aerei e treni, cavi… e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

I minerali più ricercati dall’industria sono stagno, oro, tantalio (contenuto in una polvere chiamata coltan) e tungsteno, ma ci sono anche il cobalto (utilizzato nelle batterie delle auto elettriche) e l’uranio, utilizzato per le centrali nucleari.

Sono stati quasi ottocento gli studenti di 36 classi del territorio che, accompagnati da 43 professori, hanno visitato la mostra – ideata dall’associazione Chiama l’Africa – allestita al centro pastorale Cardinal Ferrari di Como. A loro le guide hanno offerto la possibilità di approfondire i contenuti con video e slide. 

Un migliaio invece le altre presenze per lo più concentrate nelle giornate di sabato 21 e domenica 22 ottobre quando la mostra si è spostata in piazza Grimoldi a Como per un totale di 2 mila persone.

L’esposizione ha evidenziato come in molte parti del mondo la produzione e la commercializzazione di questi minerali sia spesso connessa allo sfruttamento dei lavoratori (in molti casi poco più che bambini), al finanziamento di gruppi armati, alla devastazione ambientale.

“Ma noi cosa possiamo fare per fermare tutto questo?”

Purtroppo una risposta chiara ed univoca non esiste perché ci troviamo di fronte ad un sistema di sfruttamento globalizzato di cui noi consumatori siamo solo una delle tante componenti. Ma ci sono sicuramente delle accortezze e delle piccole scelte che possiamo attuare per provare a cambiare le cose; o, almeno, possiamo provarci.

LE ABBIAMO CHIAMATE LE CINQUE “R”

Ridurre i consumi: abbiamo davvero bisogno di tutto ciò che acquistiamo?

Riuso: possiamo scegliere di non buttare gli apparecchi che non utilizziamo più, ma che funzionano ancora. Magari tra parenti, amici o conoscenti ci può essere chi dà nuova vita a ciò che noi non usiamo più. Oppure possiamo scegliere di comprare un apparecchio usato o “ricondizionato”.

Riparare: quando un elettrodomestico o un apparecchio hi-tech si rompe siamo sicuri che non ci sia davvero più nulla da fare?

Riciclo: nel cassetto insieme allo smartphone che non funziona più restano anche i minerali che questo contiene. Smaltire gli apparecchi tecnologici nei luoghi adatti permette di non inquinare l’ambiente e di recuperarne, in larga parte, i componenti.

Responsabilità: Conoscere e informarsi sulla catena di produzione degli oggetti che utilizziamo ci dà la possibilità di chiedere ai legislatori, nazionali e sovranazionali (come nel caso dell’Unione europea) di agire per difendere i diritti dei popoli vittime dello sfruttamento. È  stato grazie alla mobilitazione della società civile che l’Unione europea ha imposto alle grandi imprese importatrici di minerali di certificare la provenienza delle materie prime. Una legge che ha dei grossi limiti – ad esempio non riguarda l’importazione di prodotti semilavorati (come i micro-chip) – ma che rappresenta sicuramente un primo passo verso una filiera più etica.

A promuovere l’esposizione a Como sono stati AIFO Como, ASCI Don Guanella onlus, Caritas Diocesana di Como, Centro Missionario Guanelliano, Centro Missionario Diocesano, Coordinamento Comasco per la Pace, Fondazione card. Ferrari, Medici con l’Africa Como onlus, Cooperativa Garabombo. Media partner: “Il Settimanale della diocesi di Como”.