“La civiltà dei popoli si riconosce dal culto dei morti” (Ugo Foscolo). Quasi d’obbligo è la citazione di Foscolo quando mi si chieda quali siano le condizioni del Cimitero Monumentale di Como e non solo. Dico quasi d’obbligo poichè, pur non condividendo molto del pensiero del Foscolo, su questo aspetto devo ammettere che più di una pulce mette nell’orecchio di chi ascolta e soprattutto guarda.

Degrado e incuria sono le parole che più descrivono la situazione, ma realmente è un problema di civiltà, di come si concepiscono i “vivi” e del loro modo di rapportarsi alla realtà. E anche l’amministrazione comunale è fatta di uomini, che vivono il loro tempo. Questo fa capire ma non giustifica.

Veramente il Cimitero sembra essere l’immagine di ciò che per cultura contemporanea spesso è la morte: degrado, oblio, dimenticanza.

Un piazzale fatiscente (a dir poco) accoglie il parente, l’amico, il conoscente che volesse far visita a un defunto. Vecchie palizzate da cantiere in ferro arrugginito che trattengono piante incolte, rampicanti e rifiuti di ogni genere. Un angolo usato come “orinatoio pubblico” gratuito. La gradinata sembra un monumento alla sana efficienza fisica, poiché impedisce il facile accesso a chiunque abbia difficoltà motorie e sia in carrozzina. Per carità, c’è un accesso carraio a 50 m; appunto: entrata secondaria per chi ha “problemi”. Il ciottolato è tenuto assieme da caritatevoli gettate di cemento poste dalla scarsissimo eppure volenteroso persone comunale. Il cancello è l’emblema del tempo che passa e della lotta tra il buon ferro e ruggine, con la sconfitta già dichiarata del primo senza l’alleato prezioso dell’antiruggine, che per carità costa.

Lo spiazzo è il regno dell’affermazione della resistenza delle erbacce ai pochi tentativi umani di controllarle.

La scalinata è un invito all’avventura (…chissà se regge…), guardando la ruggine alla basi dei corrimano e l’inclinazione dei gradini e il degrado della pietra delle colonne. L’ingresso alla chiesa, proprietà comunale e quindi della cittadinanza, fa felice ogni vero tifoso del Decadentismo.
I riscaldatori elettrici, poiché i vivi al contrario dei morti hanno la cattiva abitudine di aver freddo, sono un vero cimelio degno del futuro Museo dell’arte industriale che forse un giorno abbellirà gli spazi della Santarella.

La Sovrintendenza Regionale ai Beni architettonici prende spunto dalle tonalità di colore delle pareti per capire quali indicazioni dare per i restauri conservativi di edifici con più 40 anni di vita. I loculi e le tombe sono il trionfo del dominio della natura sull’uomo. Un vero ritorno allo stato di “natura” e come tali sono orgogliosamente esposti. Lapidi che si staccano, muri sbrecciati, tombe inclinate, pavimenti disconnessi…Lungo sarebbe l’elenco, ma un pò mi sono stancato. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, almeno si dice, e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Il Cimitero Monumentale bene riassume tutto questo. Eppure… che occasione persa, mi dico.

Ogni volta che infatti celebro un funerale, ringrazio Gesù. E non perché mi dia l’occasione di riflettere sulla desolazione della morte, ma perché mi da la possibilità di annunciare, a me e ad ogni persona presente, il Mistero della Morte e Risurrezione, della Vita che vince la Morte.
E allora le grida gioiose dei bambini dopo la Messa domenicale delle 11.00 sono ciò che più di tutto manifesta che cosa sia un cimitero: un luogo di attesa per qualcosa di Bello. Sono fatto per la Vita, non per la morte. Sono fatto per esserci, non per perdermi nel nulla. E allora si capisce di più che ciò che diceva il Foscolo diventa una domanda sull’orizzonte di speranza o meno della nostra cultura e civiltà.

Sogno un cimitero carico di luce, colore, bellezza, ordine, pulizia… come il vestito di una sposa e di uno sposo il giorno del matrimonio. Siamo in attesa dell’incontro con Uno che ci ama, che ha il volto affascinante di Gesù, non con il nulla.

don ANDREA MESSAGGI
Cappellano del Cimitero Monumentale di Como