Di seguito pubblichiamo l’omelia del vescovo Oscar Cantoni pronunciata ieri durante la S. Messa al cimitero monumentale di Como:

Con la S.Messa di suffragio per tutti i defunti, che stiamo celebrando, manifestiamo l’espressione più alta della Chiesa intera, che in questo giorno particolare ci invita ad invocare il Signore per i nostri cari, per quanti ci hanno preceduto nel cammino della fede, ma anche per coloro per i quali nessuno prega più, perché tutti possano essere raggiunti dalla nostra cristiana solidarietà, e giungere così a sperimentare, anche con la forza della nostra preghiera, la pienezza della pace e la gioia di Dio.

E’ un momento in cui esprimiamo la nostra viva gratitudine nei confronti di tutti i nostri morti, unita alla commozione e al rimpianto per la loro dolorosa separazione.

Come credenti, siamo chiamati molto di più ad offrire una limpida testimonianza di fede davanti al dramma della morte, che la società di oggi vorrebbe oscurare, considerata l’unico vero tabù, ancora rimasto. La stanchezza nel vivere e la paura di morire caratterizzano, infatti, la cultura odierna.

Come cristiani abbiamo il compito di annunciare la certezza della vita eterna, alla quale per grazia tutti siamo chiamati. Così la morte non è più la fine di tutto, ma la porta di ingresso nella vita nuova, senza fine. E’ la speranza che ci porta a credere con fermezza che, come ha detto papa Francesco mercoledì scorso, “Il paradiso non è un luogo da favola, e nemmeno un giardino incantato. Il paradiso è l’abbraccio con Dio, Amore infinito, e ci entriamo grazie a Gesù, che è morto in croce per noi”.  

Egli ci ha riconciliati con Dio padre, giustificandoci con il suo sangue. La sua resurrezione, trionfo definitivo sulla morte e su ogni male, è la premessa per la nostra nascita al cielo, proprio perché alla vittoria di Cristo abbiamo la fortuna di essere associati.

Cristo risorto, infatti, ci porta tutti con sé, così da non perdere nessuno di quanti gli sono stati affidati dal Padre suo. Anche se ci fosse qualcuno che è dimenticato dagli uomini, Cristo si ricorda sempre di lui e lo conduce nella casa del Padre.  Qui è assicurata la pienezza della vita, se però ci siamo lasciati guidare dallo Spirito e non abbiamo posto ostacoli alla grazia, rendendo così vane le promesse fatte da Dio.

Non lasciamoci vincere dal timore, ma poniamo ogni nostra speranza nel Dio della vita, proclamando con il salmista: “Il  Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore? Una cosa ho chiesto al  Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del  Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del  Signore e ammirare il suo santuario”.

Il salmista rappresenta tutto il popolo credente, esprime nella preghiera la fede del popolo cristiano, ci educa a non confidare nella carne, a non riporre la felicità nell’avere qualcosa o nel diventare qualcuno, ma a stare permanentemente col  Signore e nel vivere amando. “Alla fine della vita, infatti, saremo giudicati solo dall’amore, da quanto avremo amato”.