Sono passati vent’anni da quando la Fondazione Provinciale della comunità comasca muoveva i suoi primi passi a Como. Era il 1999, l’intuizione fu di Giuseppe Guzzetti, le finalità al limite del sogno: “aiutare le persone a donare e a partecipare attivamente alla definizione e alla realizzazione del bene comune”, come si legge dall’homepage del sito. Primo ad accompagnare quest’avventura fu Franco Tieghi, cui seguì Giacomo Castiglioni. Dallo scorso novembre il nuovo presidente è Martino Verga, già membro del consiglio della Fondazione da dieci anni. Con lui abbiamo provato a tracciare un bilancio di questa realtà e a guardare al futuro.

Martino Verga, qual è, oggi, lo stato di salute della Fondazione Comasca?

«Direi estremamente buono. L’idea, che fu del presidente Guzzetti, di realizzare una sorta di succursali della Fondazione Cariplo nelle diverse province perché decidessero su progetti minori, ha dato buoni frutti. Chi vive e opera sul territorio può esprimersi in maniera più obiettiva e competente su progetti locali, in caso contrario la Fondazione Cariplo avrebbe avuto necessità di raccogliere una mole considerevole di informazioni per pronunciarsi sulle singole iniziative. In questo modo invece Milano ha mantenuto la responsabilità su progetti più grandi (le Emblematiche maggiori, di cui beneficerà quest’anno la nostra provincia) delegando alle città di provincia, come la nostra, le decisioni su progetti più piccoli».

Un sistema rivelatosi efficace…

«Certamente sì. Grazie alla Fondazione Cariplo, che eroga ogni anno delle somme, e al contributo del territorio comasco la Fondazione Comasca ha potuto sostenere, nel corso degli anni, numerosi progetti, ed è riuscita a consolidare un patrimonio di circa 20 milioni di euro, risorsa preziosa che ci permette di rispondere meglio alle richieste che lo stesso territorio esprime».

Come funziona il sistema di erogazione delle fondazioni locali? È cambiato  nel tempo?

«Mentre agli inizi la Fondazione si limitava all’emanazione di bandi, quindi si occupava di sovvenzionare le richieste che venivano formulate, chiedendo la partecipazione del territorio, negli ultimi tempi è diventata più propositiva, sviluppando anche progetti sulla base di esigenze specifiche».

Può farci qualche esempio?

«Uno su tutti: la dispersione scolastica. Si tratta di un problema particolarmente sentito in Italia, ma ancora di più nella provincia di Como, in cui sono numerosi i ragazzi che scelgono di abbandonare lo studio, complice forse un tessuto produttivo, il nostro, fortemente attrattivo, ma anche una generale fragilità educativa. La Fondazione comasca ha prestato molta attenzione a questo tema, con ottimi risultati. È bastato un approccio diverso, toccare i tasti giusti, e molti giovani hanno riscoperto passione e interesse per lo studio. Ed è stata straordinaria la disponibilità che abbiamo incontrato in questo ambito, con 200 volontari che si sono spesi dall’accompagnamento allo studio alla promozione di iniziative pomeridiane, recuperando ragazzi che prima apparivano smarriti. Su questo progetto le altre Fondazioni apparivano inizialmente scettiche, mentre lo scorso gennaio, in occasione dell’assemblea plenaria delle Fondazioni territoriali, tenutasi in Fondazione Cariplo, siamo stati chiamati ad illustrarne il positivo successo. E qualcuno ci imiterà».

L’intervista integrale è pubblicata sul numero 8 de Il Settimanale pubblicato con la data di giovedì 21 febbraio.