Un appuntamento che si rinnova ogni anno dal 1990. L’occasione per richiamare l’importanza di una professione, ma anche per evidenziarne le molteplici difficoltà dentro un contesto normativo ancora confuso. Lo scorso 21 febbraio si è celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale della Guida Turistica, ricorrenza accompagnata da migliaia di iniziative, molte delle quali proposte nello splendido scenario del lago di Como.
Per approfondire valori e criticità di questo mestiere il Settimanale si è rivolto ad Adina Persano, presidente dell’Associazione Nazionale Guide Turistiche, fondata nel 1986.
Adina Persano, perché è importante celebrare, una volta all’anno, la Giornata delle Guida Turistica?
«Perché è un momento di condivisione, in tutto il mondo, per valorizzare e far conoscere una professione fondamentale per la valorizzazione, la promozione, e la tutela dei beni culturali di un territorio. L’occasione per far comprendere, anche attraverso visite guidate, conferenze, etc. un lavoro spesso confuso con quello dell’accompagnatore turistico, che è tutt’altra cosa…»
Qual è la differenza?
«L’accompagnatore turistico è una figura professionale regolamentata che segue il gruppo durante il suo viaggio, accertandosi dell’effettiva attuazione di tutti quei servizi che un tour operator o un’agenzia di viaggi deve corrispondere al gruppo stesso. Si tratta quindi più di una figura tecnica, che non “esercita” come le guide nei musei, nelle piazze, nelle chiese, ma che si adopera per far sì che tutto proceda per il meglio durante la vacanza».
Quante sono le guide abilitate oggi in Italia?
«Purtroppo non è possibile fornire numeri certi dato che presso l’Agenzia delle entrate guide e accompagnatori sono registrati con il medesimo codice. Ad ogni modo possiamo ipotizzare che le guide siano tra le 30 e le 35 mila».
È un’attività che dà di che vivere?
«Ci sono molte colleghe, me compresa, che svolgono questo lavoro in forma professionale e continuativa, con partita Iva. Purtroppo però nelle piccole realtà questo è più difficile. La ragione sta nel fatto che la nostra è una professione legata alla stagionalità, influenzata anche da eventi climatici estremi o calamità naturali. Pensiamo ai fenomeni di qualche anno fa che hanno precluso il lavoro a colleghi delle Marche, del Lazio, dell’Umbria… proprio perché a seguito di un evento calamitoso viene spesso ad innescarsi un meccanismo di disdette che genera un effetto domino…»
Qual è il percorso formativo che porta all’abilitazione della Guida turistica?
«Su questo tema stiamo purtroppo attraversando una fase che non saprei ben definire se da incubo o di anarchia».
Perché?
«Le professioni turistiche sono materia concorrente tra Stato e Regioni, questo significa che lo Stato deve dettare i principi e le Regioni recepirli. Fino al 2013 ogni Regione disponeva di una sua regolamentazione. La Lombardia, ad esempio, come la Toscana disponevano di guide provinciali che potevano ottenere l’abilitazione attraverso un esame pubblico, con una commissione pubblica, composta anche da guide esperte. Poi tutto è cambiato…»
L’intervista completa sul numero 9 in uscita questa settimana.