«#Noi siamo invisibili per questo governo». È lo slogan scelto dalle scuole pubbliche paritarie cattoliche (anche quelle presenti sul territorio della nostra diocesi) che il 19 e il 20 maggio hanno deciso di esprimere il proprio dissenso nei confronti dei provvedimenti governativi che, per quanto riguarda l’ambito scolastico, non hanno previsto interventi sufficienti a loro sostegno (molto al di sotto del 10% delle spese messe a bilancio per la voce “scuola” nel Decreto per il Rilancio).

«Manifestiamo tutto il disagio e la difficoltà che scuole pubbliche paritarie cattoliche fanno dinanzi alla fatica di tante famiglie a sostenere i costi le rette, all’indebitamento di tanti Istituti che non ce la fanno più a pagare gli stipendi dei docenti e del personale amministrativo». Così scrivono i rappresentanti nazionali delle associazioni che riuniscono le congregazioni religiose femminili e maschili (Usmi e Cism): «Chi ama la scuola, sa bene che questa è trasversale a tutto. Ora tocca alla politica». Ecco allora che Usmi e Cism «tenendo in alta considerazione tutte le associazioni di categoria e accogliendo l’appello delle famiglie, dei docenti, degli alunni e di tutto il comparto associativo cattolico, di ispirazione cristiana (gestori, Agidae -Fidae-Fism-Cdo opere educative, Confap-Cnos Scuola; genitori Agesc-Faes-Age-Forum Famiglie, e delle numerose realtà rappresentative anche dei docenti), Laico (Aninsei-Filins)» chiedono di compiere «un gesto simbolico, in rappresentanza delle 12 mila scuole paritarie, dei 900mila allievi coinvolti e dei 180mila dipendenti».

In epoca di distanziamento da coronavirus le manifestazioni corrono sulle piattaforme social e sul web: pubblicazione di slogan, loghi, dirette, flash mob virtuali «per diffondere i temi della libertà di scelta educativa; del diritto di apprendere senza discriminazione; della parità scolastica tra pubblica statale e pubblica paritaria; della libera scuola in libero stato; degli appelli alla classe politica perché non faccia sparire il pluralismo culturale del nostro Paese». Grande il coinvolgimento di famiglie, studenti, docenti e personale delle scuole, a tutela del diritto allo studio anche dei 7 milioni di alunni degli istituti statali. Le date scelte – 19 e 20 maggio – non sono casuali: in calendario, infatti, c’è la discussione, in Parlamento, degli emendamenti al Decreto governativo per il Rilancio. «Il nostro gesto simbolico – dicono ancora i promotori dell’iniziativa – intende essere un “rumore educativo”, un “rumore costruttivo”. Un “rumore educativo” ed educato, che parta dalle nostre scuole ma che coinvolga tutti. Un “rumore costruttivo”, che obblighi i nostri parlamentari a non lasciare indietro nessuno perché o l’Italia riparte dalla scuola, da questo grembo dove si entra bambini e si esce cittadini di uno Stato democratico, o non ripartirà. La scuola deve tornare a far rumore, perché è l’impresa più grande di un Paese democratico, l’investimento migliore sul futuro, la grammatica più efficace di ogni integrazione culturale».

Ad appoggiare l’azione di sensibilizzazione anche la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, che ha rilanciato «la forte preoccupazione espressa in queste settimane da genitori, alunni e docenti delle scuole paritarie, a fronte di una situazione economica che ne sta ponendo a rischio la stessa sopravvivenza. Le paritarie svolgono un servizio pubblico, caratterizzato da un progetto educativo e da un programma formativo perseguiti con dedizione e professionalità». Le forme di sostegno poste in essere dal Decreto Rilancio – in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, a seguito delle misure adottate per contrastare la pandemia – ammontano a «65 milioni per le istituzioni scolastiche dell’infanzia e a 40 milioni per le scuole primarie e secondarie», a fronte di un miliardo e mezzo destinato alla scuola tutta.

«Si tratta di un passo dal valore innanzitutto culturale, rispetto al quale si chiede al Governo e al Parlamento di impegnarsi ulteriormente per assicurare a tutte le famiglie la possibilità di una libera scelta educativa, esigenza essenziale in un quadro democratico», ribadisce la CEI. Le scuole paritarie permettono al bilancio dello Stato un risparmio annuale di circa 7.000 euro ad alunno: indebolirle significherebbe dover affrontare come collettività un aggravio di diversi miliardi di euro. «Come Presidenza della CEI – si legge ancora nel comunicato diffuso – chiediamo con forza che non si continuino a fare sperequazioni di trattamento, riconoscendo il valore costituito dalla rete delle paritarie. A nostra volta, stiamo verificando la possibilità di contribuire a sostenere alcune migliaia di studenti della scuola paritaria secondaria di I e II grado: un aiuto straordinario alle famiglie più in difficoltà, da imputarsi al bilancio CEI del 2020. Si tratterebbe di circa 20mila borse di studio, che agevolino l’iscrizione al prossimo anno scolastico, a tutela – per quanto possibile – di un patrimonio educativo e culturale unico. Uniamo le forze – concludono dalla Presidenza CEI – per non far venir meno un’esperienza che trova cittadinanza in ogni Paese europeo, mentre in Italia sconta ancora pregiudizi che non hanno alcuna ragion d’essere».