Pedalare ai tempi del Coronavirus. Oggi, finalmente si può. Anzi: le due ruote si candidano a diventare il mezzo del futuro, almeno nelle aree urbane, per rendere più snella e agevole la circolazione in una fase storica che inevitabilmente ci impone una ripartenza lenta e il rispetto di regole di distanziamento sociale. Da sempre in prima linea sul fronte della promozione della bicicletta è la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), realtà la cui finalità principale è la diffusione di questo mezzo di trasporto ecologico, in un quadro di riqualificazione dell’ambiente, urbano ed extraurbano. Presidente di FIAB Como è Giulio Sala, architetto urbanista ed esperto in materie ambientali.
Che cosa chiede FIAB al governo e ai territori?
«L’aumento delle corse dei mezzi pubblici, su quali si dovrà circolare con maggior distanziamento, l’allargamento dei marciapiedi per permettere ai pedoni di muoversi in sicurezza, nuove piste ciclabili. Insomma che si amplino gli spazi a disposizione di pedoni e ciclisti. Già tante nazioni si stanno muovendo in questa direzione: Parigi, ad esempio, sta disegnando 150 km di piste per le due ruote, Bruxelles 60…»
E in Italia?
«So che a Roma si sta facendo qualcosa, così come Modena, Bologna, Milano… Le città si stanno adeguando. Del resto proviamo ad immaginarci la situazione a settembre, con la riapertura delle scuole… Se non ci facessimo trovare pronti sarebbe il collasso della circolazione. Certo per permettere ai Comuni di agire al meglio è necessario che il governo conceda delle deroghe al codice della strada, in particolare sulla doppia circolazione delle bici anche in strade a senso unico per le auto».
Como a che punto è?
«Como è piuttosto indietro. Ho sentito qualche tempo fa, attraverso i media, il sindaco ipotizzare piste ciclopedonali sui marciapiedi. Questo, a mio avviso, è un esempio da non seguire. Andremmo ad inserire la bicicletta, un mezzo che viaggia a circa 15-20 km orari, su un percorso in cui c’è della gente che cammina e dove possono transitare bambini, disabili… Non si può mettere in confitto il pedone con il ciclista, e poi su marciapiedi che nel centro di Como spesso non sono più larghi 1,5 metri quando va bene, a volte con il palo della luce in mezzo. Non possiamo immaginare una città intasata d’inverno, con marciapiedi-ciclabili sui quali il codice della strada autorizza ora anche il transito dei monopattini elettrici, che si diffonderanno moltissimo nei prossimi mesi… Tutto per lasciare una città libera alle auto e ai parcheggi…»
Qualche suggerimento concreto da dare all’Amministrazione cittadina?
«Credo il Comune debba avere il coraggio di sperimentare, attuare dei provvedimenti temporanei per far fronte all’emergenza, e poi prendersi il tempo per valutarne l’efficacia e decidere se renderli o meno definitivi. Innanzitutto andrebbero sperimentate delle zone 30 in prossimità delle scuole. Zone in cui la velocità viene ridotta a 30 km/h, a Torino le stanno sperimentando a 20 km/h, così da consentire un traffico promiscuo auto/bici a rischio ridotto. Questo perché l’obiettivo è quello di convincere i bambini ad andare a scuola in bicicletta, ma ciò deve avvenire senza pericoli. Per quanto riguarda la creazione di percorsi possibili, se desidero che qualcuno dal circondario di Como possa arrivare in città in bici devo prevedere tragitti sicuri che glielo consentano. Anni fa avevamo suggerito l’apertura di due cancelli del vecchio ospedale S. Anna. In questo modo da Rebbio, passando attraverso il vecchio S. Anna, si potrebbe arrivare in centro. Un altro percorso interessante, che renderebbe facile l’accesso alla convalle da Lipomo-Lora, potrebbe passare attraverso l’area del S. Martino, anche in questo caso basterebbe aprire due cancelli. Ma pensiamo anche alla strada che costeggia il cimitero monumentale: lunga, larga e poco trafficata, perché non pensare di disegnarci una striscia ciclabile? Così ci troveremmo con un collegamento al capoluogo parallelo alla tangenziale. Insomma ci sono iniziative che con poca spesa potrebbero essere messe in atto agevolmente».
Questo per la convalle. Rispetto ai collegamenti con le zone del circondario, ad esempio Camerlata, Rebbio, piuttosto che S. Fermo, i dislivelli iniziano però a diventare però un po’ impegnativi.
«Senza dubbio la città ha un problema di dislivelli, su questo fronte il nuovo decreto prevede incentivi per la bici elettrica, mezzo che rappresenta la grande svolta del futuro per la ciclabilità di una città. All’estero molte famiglie non hanno acquistato la seconda macchina in funzione di scelte orientate alla bici elettrica. Certo: non dev’essere non un mezzo i più, oltre a quelli già in dotazione alla famiglia, ma in sostituzione. Ovvio poi che ci debbano essere i percorsi su cui circolare. Questa, nel disastro più assoluto che la pandemia ci ha portato, può essere davvero l’occasione per mettere in atto delle sperimentazioni. Mi chiedo come mai in questi mesi il Comune non abbia mai chiesto a FIAB Como un parere, dei suggerimenti, ben cosciente che noi portiamo avanti gli interessi specifici di una categoria che è sulla strada. La sfida a cui siamo chiamati è quella di mettere la nostra società nelle condizioni di agevolare il più possibile il bike to work e il bike to school. Si tratta di farci trovare pronti e non pensarci solo quando saremo travolti dal problema. In Italia molti Comuni stanno puntando sulla sperimentazione estiva, quando il traffico è in genere ridotto, per arrivare a settembre-ottobre nelle condizioni di reggere l’eventuale impatto con il caos della ripresa. I collaudi vanno effettuati in questi periodi, per valutare come si muovono le persone ed effettuare eventuali correzioni. Solo così potremo essere davvero pronti quando sarà necessario. E quando tutti ci abitueremo, perché ne saremo messi nelle condizioni, a muoverci con un altro mezzo di trasporto, ci renderemo conto che in questo modo la città funziona meglio, è più vivibile».