I Teatranti Uniti Como e provincia (Tuc) hanno presentato lunedì 15 febbraio l’Osservatorio Provinciale Permanente sul settore dello spettacolo dal vivo nel territorio comasco, supportato dalla Provincia di Como.
Alla conferenza stampa di lancio (trovate il video in fondo alla pagina), hanno preso parte Beatrice Marzorati e Stefano De Luca, referenti dei Tuc, e Federico Bassani, vicepresidente della Provincia di Como.
Proprio a Beatrice Marzorati abbiamo chiesto di raccontarci come i professionisti e le professioniste dello spettacolo stanno vivendo questo difficile momento.
Beatrice Marzorati, come state?
«Male direi…se un anno fa di fronte alla gravità della situazione che stavamo vivendo ci sembrava naturale fermarci, alzare le mani e mettere la saluta prima di ogni cosa, oggi la situazione appare diversa. Siamo reduci da un anno faticoso e, dopo alcuni mesi di riapertura dei teatri, a partire dal mese di giugno, con il ritorno dei festival estivi (in cui comunque la crisi si è fatta sentire), ci ritroviamo da oltre cento giorni nuovamente bloccati con la sola possibilità di realizzare spettacoli on-line. Un’opportunità certo, ma che non può essere una soluzione: il teatro ha bisogno della relazione con il pubblico e uno spettacolo in streaming, per quanto adattato e curato, non sarà mai come uno dal vivo».
Qual è la situazione tua e dei tuoi colleghi?
«Personalmente il problema non è stato solo lo stop agli spettacoli, ma anche l’impossibilità di svolgere laboratori di teatro nelle scuole. Tutti cancellati e questi per tanti, come per me, rappresentavano una parte importante del nostro lavoro. Se mi guardo attorno vedo persone che stanno facendo fatica: c’è chi ha provato a reinventarsi, magari cambiando anche lavoro, chi grazie ai bonus o ai risparmi degli anni scorsi riesce ad andare avanti, ma il clima è difficile. Non è mancata la creatività come nel caso di esperienze sperimentali nuove come il “teatro delivery” che alcuni attori e attrici hanno lanciato ad esempio a Milano: gli attori vengono a chiamata nel tuo cortile e – sempre rispettando le norme di prevenzione – recitano poesia o brani teatrali. Proprio come il cibo a domicilio…»
Come vedi il futuro?
«Difficile, perché non basterà ripartire perché tutto torni come prima. Ci sono teatri e festival che non riapriranno perché non avranno le forze per farlo e anche le amministrazioni e gli enti culturali potrebbero essere costretti a tagliare i propri budget per la cultura. Ad essere onesta devo però ammettere che il nostro mondo non se la passava bene nemmeno prima del covid…»
In che senso?
«Quello del teatro è un settore bistrattato, dove c’è un grande caos legislativo. Vi faccio solo un esempio: non esiste un codice Ateco per l’attività di formazione al teatro (i corsi per intenderci). Una volta ti ritrovi ad essere pagata in ritenuta d’acconto, un’altra a partita iva, un’altra ancora con contratto sportivo e persino – questa mi è capitata davvero – con contratto agricolo. Vi è poi il tema del mancato riconoscimento del nostro lavoro: in molti di fronte al prezzo di uno spettacolo sbottano: “Così tanto?” ma non capiscono che in quella cifra non c’è solo l’ora di spettacolo, ma le prove, la formazione, la comunicazione, la burocrazia e tutto quello che ruota attorno allo spettacolo».
Una situazione desolante…
«Permettimi di dire che non tutto il male vien per nuocere. Questa esperienza di difficoltà generalizzata ha fatto sì che si creasse maggior consapevolezza di categoria, è stata l’occasione di fare rete e di provare a dialogare tra noi e con le istituzioni. Il lavoro da fare è ancora molto, ma un passo in avanti credo sia stato fatto…»
Anche per TUC è stato così?
«Quella di Como è una realtà piccola e tra professionisti dello spettacolo – parlo in particolare di attori e attrici – ci si conosceva praticamente tutti o quasi, ma questa è stata la molla che ci ha spinto ad unirci per portare avanti rivendicazioni comuni. L’abbiamo fatto a partire dal 15 giugno e ora stiamo andando avanti. Credo sia fondamentale soprattutto il dialogo con le istituzioni, il farsi conoscere e riconoscere. In gioco non c’è “solo” il lavoro di noi addetti ai lavori: il teatro è da sempre il tempo e lo spazio in cui avere uno sguardo nuovo, diverso, critico sulla realtà che stiamo vivendo. E, oggi più che mai, credo ce ne sia un grande bisogno».
Guarda il video della conferenza stampa di lancio dell’Osservatorio