«Ascoltare le vittime di violenza, proteggerle, aiutarle, prendere in considerazione le loro sofferenze». Papa Francesco nell’udienza di mercoledì 24 novembre, alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (introdotta il 25 novembre di ogni anno, dall’Onu, dal 1999) ha richiamato l’attenzione del mondo su un fenomeno globale che assume diverse forme: tratta, abusi, femminicidio. Prima dell’udienza il Papa ha incontrato i membri dell’Associazione Italiana Vittime della Violenza (AIVV) e, nella basilica vaticana, ha salutato il gruppo di 350 pellegrini del sodalizio presenti a Roma per l’occasione, fra loro molti valtellinesi e valchiavennaschi.

L’AIVV nasce nel 2006 per volontà di Paolo Di Gregorio (origini siciliane, trapiantato da anni in Valtellina e un lavoro, per decenni in Svizzera), papà di Sonia, brutalmente uccisa dal marito a Cino (So) nel gennaio 2000. «Vi ringrazio – ha detto il Pontefice – per l’opera di assistenza e supporto a coloro che hanno subito maltrattamenti e subito situazioni di angoscia e disagio. È brutta la violenza, è molto brutto l’atteggiamento violento: con la vostra importante attività voi contribuire a costruire una società più giusta e solidale… Il vostro esempio – è stato l’incoraggiamento di Francesco – susciti un rinnovato impegno per le vittime della violenza, che siano protette, le loro sofferenze prese in considerazione, e ascoltate».

L’Aivv ha sede a Mantello, in Bassa Valtellina, e in questi 15 anni attività ha offerto una valida assistenza morale, psicologica e legale a 489 donne vittime di violenza, qualunque tipo di violenza o abuso. Un supporto concreto e un aiuto immediato è quello che offrono i 37 volontari dell’associazione, senza alcuno scopo di lucro. L’organismo ora lavora per concretizzare il loro piano di aiuti con la realizzazione di una struttura chiamata “Casa dei Fiori Recisi”. Un progetto, sostenuto da donazioni, che mira a un unico obiettivo: far sentire a proprio agio le persone che vi saranno ospitate in un ambiente «protetto, sicuro e confortevole».

Il gruppo della Valchiavenna, con don Donato Giacomelli, presente a Roma per l’incontro del Papa con l’Associazione italiana vittime della violenza

Come raccontato dal nostro giornale, anche nel numero cartaceo in distribuzione in questi giorni, la “Casa dei fiori recisi”, sarà ospitata nella sede dell’ex asilo del comune di Cino. Lo scorso mese di marzo l’iniziativa è stata presenta ufficialmente alla presenza del prefetto di Sondrio, Salvatore Pasquariello. L’iniziativa, formalizzata con la firma della convezione fra il comune di Cino e l’Associazione nazionale vittime della violenza, fu simbolicamente controfirmata proprio dal Prefetto. La Casa sarà in grado di ospitare dagli 8 ai 10 nuclei da proteggere e richiede lo stanziamento di oltre 3 milioni euro. Le ospiti saranno seguite da figure professionali come psicologi, assistenti sociali e medici che agiranno per un pronto recupero delle vittime. Le stesse, superata la fase emergenziale, verranno poi ospitate in case protette per seguire un percorso di recupero mirato.

«Siamo rimasti colpiti dall’attenzione che ci ha riservato il Papa – è il commento a caldo del presidente della Aivv, Massimo Santucci –. Nei mesi scorsi siamo stati ricevuti dal vescovo della diocesi di Como, monsignor Oscar Cantoni, e anche da lui abbiamo ricevuto massima disponibilità, ascolto e sostegno alla nostra iniziativa». Santucci conosce bene le difficoltà delle donne vittime di violenza. Ha vissuto in prima persona questa esperienza con sua mamma, costretta a fuggire in Svizzera,  quando Massimo era un ragazzino di 11 anni, per allontanarsi dalle aggressioni del marito. «Denunciare non è semplice: da una parte c’è sempre la speranza di salvare la relazione, la coppia, guardando al proprio investimento affettivo e, se ci sono, all’equilibrio dei figli. Dall’altra ci sono gli aspetti economici, perché spesso la donna deve lasciare la casa e il lavoro, trasferirsi dalla propria città: la sua vita è doppiamente stravolta». Per Santucci il cambiamento deve essere soprattutto di tipo culturale: «pensando a quanto è accaduto a me, sono convinto che anche mio padre doveva essere aiutato. Moltissime volte i violenti sono stati a loro volta vittime di violenza. Serve una rivoluzione culturale, di mentalità, perché le persone, le donne, vanno rispettate e non considerate oggetti o proprietà».