L’incremento dei contagi delle ultime settimane, anche nelle RSA, ha spinto la Ca’ d’Industria alla scelta obbligata di tornare a chiudere le porte alle visite dei familiari in alcune delle sue strutture. Da qualche giorno, infatti, le visite in presenza con la richiesta dei Green Pass previsti dalla norma sono state sostituite dalle visite al vetro o dalle video chiamate. Nel nucleo dove sono presenti 3 ospiti positivi sono ammesse soltanto videochiamate. Troppo alto il rischio di rivivere il dramma di un anno fa, costellato da una lunga scia di decessi.

Il Settimanale ha chiesto alla direttrice generale della Fondazione, la dott.ssa Maria Luisa Bianchi, quale sia lo “spirito” con il quale si è arrivati a questa decisione.

I numeri parlano. Il Covid è tornato a correre e a influenzare le nostre vite. Certo, non viviamo la stessa ansia di un anno fa, perché oggi lo scudo dei vaccini ci dà sicurezza, ma sappiamo di essere ancora dentro la tempesta. E a maggior ragione lo sono le RSA del territorio, strutture ad altissimo rischio, viste fragilità di cui sono portatrici e custodi. Con Marisa Bianchi, direttore generale della Fondazione Ca’ d’Industria, abbiamo cercato di fare il punto della situazione presso la più importante realtà di accoglienza per anziani del territorio».

Dott.ssa Bianchi, che cosa dire ad un familiare stanco di non poter portare conforto al proprio caro?

«È molto difficile spiegare ai familiari che le RSA sono ancora chiuse, ma molti di loro hanno compreso la situazione, poiché si sono sviluppati molti casi anche all’interno dei nuclei familiari dei visitatori. Purtroppo, quest’ultima variante è molto contagiosa, visto che secondo gli esperti entro il mese di febbraio il 50% degli europei si sarà ammalato. Secondo la Fondazione le relazioni con i famigliari, gli amici, sono molto importanti ed influiscono sullo stato generale di benessere ma la situazione complessiva non ci permette di abbassare la guardia. A settembre eravamo pronti ad avviare un progetto che prevedeva l’accesso dei famigliari nel nucleo di accoglienza dell’ospite. Siamo stati costretti a rinviarlo, ma comunque è pronto per i prossimi mesi».

Con che spirito personale e ospiti stanno vivendo questa nuova fase, che tutti speravamo di aver superato?

«Questo virus indipendentemente dal fatto che ci abbia attaccato personalmente ci ha profondamente cambiati. Siamo più stanchi, più tristi, più ansiosi, più irascibili, meno concentrati. Pensiamo che sia necessario ritrovare un equilibrio interiore che ci permetta di ritrovare serenità e possibilmente trasmetterla anche ai nostri ospiti. Nella storia tutte le crisi hanno prodotto un’evoluzione che ha permesso di cambiare e migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Anche questa volta sarà così.  Affinché questo possa avvenire è necessario non dimenticare tutti i volti degli anziani che ci hanno lasciato, tutti i volti degli anziani che sono guariti, tutti quelli che attendono di poter di nuovo partecipare a momenti di intrattenimento e di svago, di quelli che non possono avere vicino i loro famigliari, gli amici, i conoscenti. Non possiamo dimenticare tutti i volti degli operatori che si sono ammalati e di quelli che non si sono ammalati, ma si sentono stanchi, arrabbiati, svuotati di energie, quelli che faticano a trovare la forza per continuare. Forse se provassimo a mettere da parte tutte le nostre rabbie, paure, incertezze, le nostre debolezze, i nostri errori per cercare tutti insieme di trovare la forza per andare avanti, comprendendo che solo unendo le forze e cercando di contribuire ognuno per la sua parte, possiamo permettere alla Fondazione di essere ciò che è sempre stata, un punto di riferimento per le famiglie comasche, un luogo accogliente dove far vivere gli anziani che non possono più restare nella loro casa. È importane non dimenticare ma considerare tutto quello che abbiamo vissuto per andare avanti e ritrovare il senso della nostra vita e di quella delle persone che ci vivono accanto».

Il 2021 è stato un anno difficile anche dal punto di vista della gestione economica della Fondazione, su questo fronte che 2022 sarà? Come pensate di coprire i “buchi” di bilancio causati dalla crisi sanitaria?

«In questi mesi è stato fatto un grande lavoro di razionalizzazione dei costi proporzionale alle presenze degli ospiti. Lo standard di personale non è mai venuto meno ed è rimato invariato rispetto agli anni passati, anche in alcuni momenti anche superiore. Lo Stato e la Regione ci hanno dato una mano con diversi interventi. La gestione economica è ancora in sofferenza ma non nell’entità paventata all’inizio dell’anno».

Trovate l’intervista completa sul numero del Settimanale in uscita questa settimana.