Venerdì 19 maggio, a Como-Rebbio, su iniziativa del Servizio diocesano alla Pastorale Sociale, del Lavoro e Custodia del Creato, con la collaborazione dell’Ufficio Migrantes diocesano, la Consulta diocesana delle Aggregazioni Laicali – CDAL, le Acli e l’Unione cristiana degli Imprenditori – UCID, si terrà la preghiera per il lavoro.
Due momenti caratterizzeranno l’incontro: alle 18.00 la tavola rotonda, durante la quale si confronteranno l’avvocato Antonio Lamarucciola, presidente dell’Osservatorio giuridico per i diritti dei migranti, Marina Consonno, presidentessa di Acli Como, e Paolo Brambilla, della cooperativa sociale “Il Seme”. Al termine del confronto ci sarà la cena insieme in Oratorio, cui seguirà, alle 20.45, la preghiera nella chiesa di San Martino in Rebbio. Il tema scelto è “La fragilità nel lavoro”.
«Abbiamo pensato a tutte quelle situazioni di fragilità che riguardano l’ingresso e la permanenza nel mondo del lavoro – spiega don Gianpaolo Romano, responsabile diocesano, con don Andrea Del Giorgio, della Pastorale Sociale, del Lavoro e della Custodia del Creato –. Sono tanti i motivi per cui si è fragili: ci siamo concentrati sulle povertà economiche, sulle disabilità, sull’essere migrante e gli interlocutori invitati sono molto competenti, avendo esperienza diretta delle questioni scelte. Siamo consapevoli che ci sono molti altri motivi di fragilità. Quest’anno, per esempio, il messaggio dei Vescovi guardava alle nuove generazioni, alla loro precarietà, all’incertezza e sappiamo bene che l’età è sempre più un fattore discriminante: sia quando si è giovani (perché si pretendono esperienze che non si hanno o si dà per scontato che si possano offrire contratti con basse retribuzioni e poche tutele), sia quando si arriva alla soglia dei cinquant’anni e diventa quasi impossibile trovare un’occupazione».
Il sottotitolo dell’iniziativa del 19 maggio ha tre parole: integrazione, speranza, libertà. «Sono tre concetti fondamentali per ogni lavoro, soprattutto per chi si trova in situazioni fragili. Dalle fatiche si può passare alla normalità, ma solo con l’impegno di tutti. Disabilità, povertà, migrazioni non sono ostacoli insormontabili, ma punti di partenza per la costruzione di una società più giusta per tutti». Con cadenza quasi quotidiana sentiamo parlare di incidenti o morti sul lavoro, di situazioni al limite della legalità. «Sono problemi di cui non si parla mai abbastanza e personalmente, come Pastorale del Lavoro, ritengo sia necessario impegnarci per accendere i riflettori sui temi degli infortuni, delle vite perse e dell’irregolarità. Sono ferite profonde e solo grazie alla consapevolezza si possono sollecitare la politica e la società a fare scelte concrete perché questi fatti non accadano più». Perché la Chiesa interviene e si interessa dei temi del lavoro? «Perché c’è vita – conclude don Gianpaolo – e dove c’è vita c’è il vangelo di Gesù».