Il complesso lavoro di restauro della basilica di San Giacomo in Como, che l’architetto Gabriella Pizzochero Salvini ha voluto generosamente finanziare con il suo lascito testamentario, è giunto al compimento di una prima fase, che si era avviata a gennaio 2022 su progetto dell’arch. Giorgio Orsini, che ha seguito anche la Direzione lavori generale di questa prima fase, affidata a una associazione temporanea di imprese guidata dalla RC-Restauro conservativo di Daniele De Domizio e comprendente Archeogeo per gli scavi archeologici e Edilco per le opere edili. Si è lavorato sulla base dell’accurato rilievo e modello tridimensionale eseguito con il coordinamento del prof. Marco Scaioni del Politecnico di Milano. Detto per inciso, questi dati geospaziali saranno utilissimi in futuro per raccontare con tecnologie contemporanee la storia della basilica di San Giacomo e della Cattedrale.

Vista dell’esterno del presbiterio a restauro concluso. Si notano due archetti del coronamento originale dell’abside laterale sul lato meridionale.

Come da previsioni, in cantiere si è dapprima affrontata la revisione della copertura, prevalentemente in lastre di pietra, ma differenziata sui vari volumi. La struttura era stata quasi tutta rifatta nel 1970 ed è stata trovata in buone condizioni, ma nella zona della sacrestia settentrionale si è trovata una situazione più critica: qui una falda di tetto era ancora originale, con molte riparazioni estemporanee e in cattivo stato. Inoltre, quando nel Seicento fu introdotta la volta sulla navata centrale, per raggiungere il sottotetto fu costruita una scala a chiocciola in un torrino indipendente, che negli ultimi anni si era molto degradato, e che non si sarebbe potuto riparare con un piccolo intervento di manutenzione locale senza impiantare un vero e proprio cantiere. Tutto questo è stato oggetto di un attento intervento conservativo progettato e diretto dall’ing. Dario Foppoli, con l’impiego di tecniche speciali sia per il consolidamento del torrino, sia per il restauro della struttura lignea, in cui solo pochi elementi irrecuperabili sono stati sostituiti. Si segnala anche il consolidamento del piccolo campanile a vela sopra la facciata, dotato anche di ammortizzatori per compensare le sollecitazioni indotte dalle campane, perfettamente riattivate con l’intervento della ditta Sabbadini di Fontanella (Bg). Per lavorare in sicurezza sulla copertura si è installato un sistema anticaduta progettato dal coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, ing. Marco Riva; si ritiene di poter mantenere in opera tale sistema per favorire le future manutenzioni. Inoltre, si è dovuta installare davanti alla facciata, unico punto possibile, una gru molto alta e con uno sbraccio tale da raggiungere la zona absidale. Questo ha indotto a valutare la opportunità di restaurare anche le superfici esterne della zona absidale. Questa parte della chiesa è stata fin da un tempo molto lontano racchiusa tra edifici civili, di proprietà della famiglia Odescalchi almeno a partire dal Cinquecento, e a partire dall’Ottocento frazionati in tante diverse unità.

Immagine di cantiere durante il restauro e consolidamento del torrino scalare, realizzato nel Seicento per dare accesso al sottotetto dopo la copertura con volte della navata.

La visione dell’abside risulta quindi difficile, e non meno complicata l’esecuzione dei lavori, che infatti non erano stati affrontati nel restauro del 1970. Anche in questo caso si era considerata l’opzione di rinunciare, pur a fronte delle evidenti criticità conservative, ma si è scelto, d’intesa con la Soprintendenza di sfruttare l’opportunità della organizzazione del cantiere e includere nel primo lotto dei lavori, che doveva essere limitato alla copertura e alle indagini propedeutiche al lotto successivo, il restauro esterno dell’abside. Il risultato è stato ottimale, sia sotto il profilo conservativo per il trattamento degli intonaci antichi, sia per le scoperte, tra cui la monofora che dava luce all’abside minore, murata in antico conservando una interessante e rara transenna lapidea, e una lapide reimpiegata come architrave di una porticina, istoriata con girali, delfini e una conchiglia di capasanta, cioè proprio la conchiglia di San Giacomo che distingueva i pellegrini.

Vista dell’abside restaurata, lato settentrionale.

La seicentesca pala d’altare della Crocifissione attribuita al pittore Stefano Danedi detto il Montalto, è stata restaurata nel laboratorio di restauro di Laura De Nardi. L’affresco frammentario della Crocifissione emerso dietro di essa sarà ulteriormente indagato e restaurato, in quanto costituisce un importante elemento sullo stato della Basilica prima della riforma barocca, avvenuta in tempi che le indagini in corso stanno chiarendo. Si è avviato anche il restauro dell’organo, affidato alla ditta Colzani, che prevede tempi lunghi, ma alla fine del cantiere lo strumento tornerà perfettamente funzionante. Come programmato, il tempo del primo lotto è servito a costruire la conoscenza su cui basare le scelte del restauro dell’interno della basilica, e della facciata. Sono proseguiti a cura dell’archeologa Achillina Granata di Archeogeo i necessari accertamenti archeologici, per poter definire con sicurezza la fattibilità delle necessarie opere di regolazione delle acque e di dotazione impiantistica. I saggi condotti, anche sulla base delle indicazioni fornite da indagini georadar eseguite dal prof. Luigi Zanzi e dall’ing. Stefano Munda del Politecnico di Milano, hanno riconosciuto la complessa stratigrafia che si è sedimentata dall’XI al XIX secolo, e messo in luce le spettacolari basi di alcune delle colonne romaniche. Approfondimenti sono tuttora in corso nella zona presbiteriale, dove sono apparsi alcuni frammenti di vari livelli di pavimentazione, e alcuni dubbi sono ancora da verificare. Le molte cassette di reperti mobili recuperati richiederanno un lungo e paziente studio. Sono anche stati eseguiti prelievi ed analisi di laboratorio, affidati alla ProArte di Noventa Vicentina, per poter valutare la consistenza dei materiali, le problematiche conservative, legate ad esempio alla presenza di sali solubili. Sono state anche eseguite puntuali datazioni con tecniche di radiodatazione e termoluminescenza.

Il sistema di monitoraggio automatico installato a cura dell’ing. Foppoli e i capisaldi per le livellazioni eseguite dal gruppo del prof. Scaioni sono stati utilizzati per un monitoraggio sufficientemente prolungato da fornire dati utili per le valutazioni di carattere strutturale, necessarie dato l’interessamento della Basilica ai fenomeni di subsidenza, in un’area della città soggetta anche a sensibili escursioni della falda superficiale. Parallelamente si è eseguita, a cura della prof. Elisabetta Rosina del Politecnico di Milano una indagine termografica e psicrometrica per valutare il comportamento microclimatico della basilica, anche in questo caso svolgendo un monitoraggio protratto attraverso diverse condizioni stagionali. Sono stati così raccolti dati preziosi per la progettazione dell’impianto di riscaldamento. Si sta ora avviando la seconda fase, con l’affidamento degli incarichi professionali per la progettazione dei lavori atti a rendere la Basilica restaurata attrezzata a essere regolarmente officiata, ma anche ad ospitare alcune delle opere più significative del futuro Museo della Cattedrale, e quindi ad essere un importante luogo di valorizzazione del complesso episcopale comense. La seconda fase dovrebbe partire nella primavera del 2024 e concludersi entro il 2025. Con il restauro di San Giacomo ed il completamento del Museo della Cattedrale, Como vedrà un importante incremento del sistema di offerta culturale, e si sta studiando un piano di gestione che, attraverso gli opportuni momenti di coordinamento, non solo trovi una propria sostenibilità, ma contribuisca positivamente alla vita culturale ed economica della città.