“Dove va l’Islam italiano?”. E’ questo il titolo dell’incontro che si terrà mercoledì 19 aprile, a partire dalle 21, alla Biblioteca Comunale di Como. A promuovere la serata è il tavolo “Interfedi” di Intrecci di Popoli il festival delle culture, dei gemellaggi e della cooperazione internazionale promosso da Comune di Como, Diocesi e Centro Servizi per il Volontariato con la collaborazione di decine di associazioni e comunità del territorio. Al tavolo “Interfedi” partecipano Chiese, associazioni e gruppi di diversa appartenenza religiosa e confessionale.

Ospite della serata sarà il professor Alessandro Ferrari, docente di diritto Ecclesiastico dell’Università degli Studi dell’Insubria, fa parte della consulta di esperti che ha contribuito al Patto Nazionale per un Islam italiano.

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«Tra i punti cruciali alla base del patto – spiega il professor Ferrari – c’è infatti il principio della libertà di culto “un valore inalienabile, un punto fermo che fa di una democrazia una democrazia e di una civiltà una civiltà. Una società più integrata è una società più sicura”».

All’interno del ‘board’ che ha contribuito alla stesura del Patto figurano alcuni esperti, tra cui il professor Alessandro Ferrari, già facenti parte della Consulta per l’Islam Italiano nominata nel 2015 dall’allora Ministro dell’Interno Angelino Alfano, e i rappresentanti delle maggiori organizzazioni islamiche italiane, che rappresentano il 70% dei residenti musulmani nel nostro Paese.

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Il patto per un Islam italiano

Un patto in 20 punti per scongiurare il pericolo di un “islam fai da te”, favorire la coesione sociale e l’integrazione nel nostro Paese e lottare contro ogni forma di radicalismo è stato firmato il 1° febbraio al Viminale un “Patto nazionale per un islam italiano” tra i rappresentanti delle associazioni e delle comunità islamiche e il Ministero dell’interno.

Dieci sono i punti che chiamano in causa le comunità islamiche presenti nel nostro Paese. Nel documento i responsabili dei centri islamici e sale di preghiera si impegnano a contrastare “i fenomeni di radicalismo religioso” e a rendere “pubblici nomi e recapiti di imam e guide religiose”.

Il Patto prevede anche corsi di  formazione per gli imam e l’assicurazione di svolgere il sermone del venerdì in italiano, “ferme restando le forme rituali originarie nella celebrazione del rito”. Alle comunità islamiche viene anche chiesta la “massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti, ricevuti, dall’Italia o dall’estero, da destinare alla costruzione e alla gestione di moschee e luoghi di preghiera”.

Nei 10 punti, invece, a carico del Ministero dell’interno, c’è l’impegno a “sostenere e promuovere la collaborazione con le associazioni Islamiche”, “valorizzando il contributo del patrimonio spirituale, culturale e sociale che le comunità musulmane offrono al Paese, nel favorire percorsi di integrazione degli immigrati musulmani e contrastando il radicalismo e il fanatismo religioso”. C’è anche il progetto di distribuire “kit informativi di base in varie lingue concernenti regole e principi dell’ordinamento dello Stato unitamente alla normativa in materia di libertà religiosa e di culto”.

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