Un’esperienza intensa, toccante, d’incontro, di relazione, di scambio. Sono state quattro le domeniche di animazione (l’ultima si è svolta lo scorso 18 giugno) vissute da capi e ragazzi dei gruppi scout Agesci del Como 1, Como 3 e Como 45 dentro il campo di accoglienza di via Regina Teodolinda, ed è già tempo di bilanci e di sguardi verso il futuro.
21 sono stati gli animatori complessivamente coinvolti, che dentro il campo hanno portato avanti due laboratori, uno musicale ed uno manuale, rivolti a ragazzi tra i 18 e i 30 anni.
«All’ingresso del campo – spiega sul Settimanale Tommaso Siviero, uno degli scout che hanno vissuto questa avventura – ci hanno sempre accolto i bambini, correndoci incontro tra le file dei container, per venire ad attaccarsi ai vestiti e rubarci i giochi e gli strumenti. É stato molto semplice coinvolgere loro, hanno il bisogno di compagnia e tanta voglia di giocare. Con ragazzi più grandi e adulti le difficoltà sono state maggiori. C’è sempre un po’ di reticenza in più, superata una certa età, a lasciarsi coinvolgere, e il Ramadan ha sicuramente contribuito a rendere le persone più svogliate: suonare bonghi o giocare a calcio sotto il sole cocente delle 14 non è molto allettante se sai di non potere bere acqua fino alle 21. Molti stavano alle porte delle loro stanze, nelle piccole porzioni d’ombra che si riescono a trovare, senza volersene schiodare. Ma, con un po’ di insistenza iniziale, abbiamo sempre trovato chi fosse disposto a fare due chiacchiere o a suonare con noi fino alle 17.30. Anche alcuni volontari della Croce Rossa hanno partecipato alle volte ai giochi: partite a pallone improvvisate, piuttosto che attività con i bambini».
Trascorsa l’esperienza, ora è già tempo di guardare al futuro:
«In fase di bilancio – continua Tommaso – abbiamo cercato di raccogliere le impressioni generali e provare a capire come portare avanti questa esperienza. Tutti noi che abbiamo partecipato l’abbiamo ritenuta coinvolgente, e da parte degli ospiti del campo ci sono arrivati buoni riscontri, sia direttamente che attraverso gli operatori del campo».
Ora si tratterà di capire come eventualmente poter dare continuità a questo progetto.
«Quelli che abbiamo avuto la possibilità di vedere noi – conclude Tommaso – non sono altro che brevi squarci della vita all’interno del campo, 3 ore per incontro, ma ci hanno permesso di avere un punto di vista diverso su questa realtà: sicuramente l’accoglienza può essere e deve essere migliorata, ma in generale il campo non è così negativo come è visto nell’immaginario collettivo. Come gruppi AGESCI di Como continueremo nei prossimi anni ad impegnarci in questa direzione, consapevoli del fatto che Como è e rimarrà città di frontiera. Ci auguriamo che altre associazioni riescano a rispondere a questo bisogno impellente, su cui la città dovrà confrontarsi sicuramente in futuro».