Pubblichiamo la seconda parte del diario di viaggio di don Corrado Necchi. Per leggere la prima puntata (clicca qui).

L’aereo atterra a Kampala, in Uganda, la perla dell’Africa. È la seconda tappa della nostra visita. Il clima di eterna primavera ci accoglie favorevolmente. Una giornata di viaggio in auto ci aspetta. Le coltivazioni di canna da zucchero, té, banane, riso si susseguono. Alle sorgenti del Nilo bianco, estensioni di papiro lasciano presto il posto al caffè.

Poi il clima si fa più secco, entriamo nella savana del Karamoja. Se vi capita di leggere la descrizione di questa regione data dalla Farnesina, non fatevi prendere dal terrore. Non è così grave. Arriviamo a Moroto, capitale della regione.

Qui, negli anni settanta, arrivò don Vittorione (al secolo Vittorio Pastori, missionario e sacerdote fondatore dell’onlus Cooperazione e Sviluppo). Si era innescato un cocktail esplosivo di siccità, carestia e colera. Don Vittorione si butta con tutto sé stesso per portare aiuti umanitari alla popolazione.

Negli anni seguenti l’emergenza diventa l’acqua. La sua ong si prodiga così a scavare e a recuperare pozzi. Ogni anno una decina di giovani italiani svolgono qui il servizio civile.

Oggi l’emergenza principale è sempre più legata al futuro di adolescenti e giovani. “Lo sviluppo passa attraverso la creazione di posti di lavoro con progetti di allevamenti ben fatti” – ci dice Giorgio, uno dei responsabili. Missione, qui, è mettere in piedi le persone.

Il Karamoja è terra di pastori seminomadi. Gli inglesi l’avevano chiuso e ne avevano fatto un human zoo. Ora sta diventando terreno di conquista per ricchi di ogni dove.

La popolazione si è aperta al Vangelo, anche se la natura seminomade rende difficile la formazione di comunità stabili. Resta nella memoria, l’esperienza di un missionario comboniano che, armato di un solo zainetto con pane e acqua, si spostava di continuo, incontrava e stava con la gente.

È anche la vita di padre Piero Ciaponi, di Talamona. Da una vita in Karamoja. Lo troviamo vestito come i giovani del posto. Missione è l’incontro, la condivisione della vita dell’altro prima delle strutture.

Arriviamo a Moroto, il capoluogo della regione. Da quando i pastori sono stati disarmati e la pace è arrivata, la cittadina è uscita dal suo isolamento e si è ingrandita a vista d’occhio. Un grande territorio, tanti battezzati, pochi preti.

il vescovo Damiano Guzzetti

Il Vescovo ci fa conoscere una Chiesa con una pastorale appena abbozzata e una cattedrale in costruzione, un seminario minore con più di cento ragazzi e un ospedale super attrezzato e frequentato. Le sfide maggiori – ci dicono – sono la famiglia, le sette, la formazione degli operatori pastorali. Missione è mettere la chiesa locale in grado di operare.

Chiese molto diverse quelle del Mozambico e dell’Uganda. Molto simile, invece, la sete di équipe missionarie pronte a giocarsi per l’annuncio del Vangelo nello scambio reciproco di fatiche e ricchezze.

Ora, come si dice, la palla è nelle nostre mani. Saprà la nostra Chiesa diocesana raccogliere la sfida della Missione ad gentes ed esprimere ancora vocazioni missionarie? Saprà la nostra Chiesa diocesana credere fino in fondo che la fede si rafforza donandola? Che l’aria viziata attuale si può vincere aprendo le porte al vento dello Spirito santo?

Diocesi di Moroto
Chiesa latina Suffraganea dell’arcidiocesi di Tororo eretta nel 1965.

Vescovo: mons. Damiano Giulio Guzzetti;
Abitanti: 475.000;
Battezzati: 232.000 (48,8% del totale);
Sacerdoti: 34 di cui 14 secolari e 20 regolari. 6.823 battezzati per sacerdote;
Religiosi: 50 uomini, 55 donne;
Superficie: 15.000 km² in Uganda;
Parrocchie: 10.

In viaggio verso la nuova missione diocesana. Prima tappa: Mozambico