C’è una dead line senza ritorno per “Como Acqua”, la società a totale capitale pubblico cui è stata affidata la gestione del servizio idrico integrato per il territorio della provincia di Como. La data è quella del prossimo 25 ottobre quando tutti sindaci o i loro delegati (alla società partecipano direttamente i Comuni e la stessa Amministrazione Provinciale) dovranno votare l’incorporazione in essa delle 12 società pubbliche ad oggi esistenti ( a cui si aggiunge la stessa Como Acqua) che si occupano del settore. Ed è una dead line a cui i membri della Commissione per il controllo analogo (composta da 11 amministratori) incaricata di accompagnare questo difficile processo di passaggio all’unico gestore si stanno avvicinando non senza qualche tremore.
«Pare che i numeri ci siano – spiega la presidente della Provincia di Como Maria Rita Livio – ma qualche timore resta viste le resistenze manifestate da alcuni Comuni rispetto agli obblighi imposti dalla legge di arrivare ad un unico gestore. Obblighi che stabiliscono che il lavoro di captazione, depurazione e distribuzione dell’acqua venga effettuato in modo industriale, ottimizzando i costi e mantenendo lo stesso livello di qualità sull’intero territorio, dalla città di Como ai comuni più sperduti dell’Alto Lago o della Valle Intelvi. Se l’assemblea del prossimo 25 ottobre darà esito positivo, a decorrere da quella data vi saranno 60 giorni di tempo per depositare eventuali osservazioni, dopo di che, entro l’anno si potrà andare dal notaio. E dal 1 gennaio 2018 il sistema idrico integrato della provincia di Como avrà finalmente un unico gestore, partecipato al 100% dai Comuni, dunque a totale capitale pubblico».
Ma vediamo che cosa significa, in concreto. In provincia di Como esistono società a totale capitale pubblico (12 per l’appunto, più Como Acqua), nate grazie all’associazione di Comuni (per lo più afferenti all’area pianeggiante della provincia, che gestiscono l’intero servizio idrico o solo una sua parte; come la depurazione, per intenderci), ma anche moltissimi Comuni (circa 110) che gestiscono il servizio in economia, a livello comunale. Ebbene: una volta superate le ultime difficoltà burocratiche e politiche tutte queste società andranno a confluire in “Como Acqua”, che diventerà l’unico gestore. Una società con un patrimonio stimato di circa 90 milioni di euro e con poco meno di 150 dipendenti.
I vantaggi? «Garantire a tutti i cittadini – prosegue Maria Rita Livio – la medesima qualità del servizio, al minor costo possibile. Ma anche l’obbligo che la società ha, essendo a totale capitale pubblico, di reinvestire gli utili in opere sul territorio finalizzate al miglioramento del servizio stesso, utili che potranno essere accresciuti dall’accesso a bandi europei».
Più soldi da investire sull’efficientamento del sistema, dunque, anche per “rattoppare” una rete che disperde, ogni anno, tra il 36 e il 39% dell’acqua trasportata. Ma rispetto al costo dell’acqua? «A deciderlo sarà l’Authority a livello nazionale. Ad ogni modo è stata stabilita una progressione di 5 anni che porterà in provincia ad avere lo stesso costo per tutti». Qualcuno si troverà a pagare qualcosa in più, qualcun altro di meno o lo stesso di oggi.
Ma che cosa accadrebbe se alcuni Comuni, gelosi del proprio sistema, decidessero di far saltare l’intesa?
«Sarebbe un gravissimo danno per il territorio – chiosa la Presidente – e se ne assumeranno la responsabilità. La Provincia si troverà costretta assegnare al mercato il servizio idrico integrato. Il rischio sarà quello di vedere affidato un servizio essenziale come questo ad un privato, con immaginabili conseguenza anche sulla tariffazione. Per non parlare dell’obbligo di restituire i 3,2 milioni di euro di surplus sulle tariffe concessi dall’Authority negli ultimi due anni per sostenere necessari investimenti sugli impianti».