Da anni la diocesi di Como ha scelto di dedicare una domenica dell’anno al proprio “Settimanale” perché sia proposto come uno strumento di reale comunione, oltre che di comunicazione, dentro la nostra Chiesa locale. Il nostro Settimanale si è presentato, fin dalle origini, quale prezioso organo di informazione e formazione, così che la lettura e la consultazione tra i fedeli delle numerose comunità parrocchiali facilitasse un sentire comune.
Come tutti gli appuntamenti ormai “usuali”, però, il rischio è quello di cedere alla tentazione dell’abitudine, della routine. Ed è proprio da questo che dobbiamo rifuggire.

Non diamo per scontata la sua presenza nelle nostre parrocchie e nelle nostre famiglie: un giornale, infatti, esiste solo grazie ai lettori diffusi sul territorio, che lo utilizzano per conoscere fatti e approfondire argomenti.
Non diamo per scontati i suoi contenuti: l’orizzonte diocesano è sì presente, ma sa allargarsi alle cronache nazionali, europee e mondiali, offrendo chiavi di lettura per le grandi sfide della Chiesa, con un’attenzione particolare a quei temi e a quelle notizie che, se non ci fossero le colonne del “Settimanale”, non sarebbero raccontate da nessun altro.

Non mi sottraggo alle possibili obiezioni. Una fra tutte: «Oggi si legge sempre meno». Ma anche: «Su internet si trova tutto quello che si vuole». Affermazioni vere, innegabili. Rispetto alla prima, però, mi verrebbe da dire che sarebbe inadeguato rispondere a tale mancanza offrendo ancora minori occasioni di lettura. Sulla seconda: l’ambiente digitale, ricchissimo e per certi aspetti prodigioso, resta comunque inaccessibile a molte fasce di popolazione e la mancanza di criteri e abilità interpretative rende difficile orientarsi nel flusso ininterrotto, e talvolta manipolato, delle informazioni.

Facendo mie alcune delle espressioni più note di papa Francesco, potrei direi che nella società contemporanea le “periferie”, nelle quali siamo chiamati a essere “Chiesa in uscita”, sono anche quelle “culturali”. Vi è una “povertà di pensiero” che genera una drammatica “povertà di umanità e di senso”. Fermiamoci, anche solo per un istante, a riflettere sulle conseguenze, spesso sui veri e propri danni, generati dalle notizie contraffatte, dalle false affermazioni, dalle ingenue semplificazioni e dai populismi amplificati.

Il “Settimanale”, con umiltà e competenza, consapevole dei propri limiti e, per fortuna, dei propri margini di miglioramento, ci offre, come dicevamo all’inizio, informazione e formazione, rivolgendosi a tutti. È la nostra voce, la voce della Diocesi di Como, che, attraverso la carta e la rete (con il sito internet e i profili dei tanto diffusi “social network”), in un mondo sempre più interconnesso, ci raggiunge, ci fa sperimentare quel genuino senso di fraternità che ci accomuna nell’essere unica Chiesa, ci rende visibili, interconnessi.

Un particolare di non poco conto: sarebbe auspicabile che questo giornale, essendo l’unica voce ufficiale della Diocesi, potesse tenere il collegamento con quanti nelle parrocchie svolgono un ministero particolare: membri del Consiglio Pastorale, catechisti, educatori, ministri straordinari dell’Eucaristia, ecc.. Giungerebbe nelle nostre case la voce della Chiesa diocesana, superando quel rischio tanto facile di sentirsi parte esclusivamente della propria parrocchia o di una sola associazione, favorendo così un respiro di Chiesa con più ampi orizzonti.

+ Oscar, Vescovo