«Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli» (Mc 9, 2). Gesù ha bisogno di chiarirsi a tu per tu con alcuni dei suoi discepoli, in modo particolare con Pietro, dopo il rimprovero da parte di lui – in seguito al primo annuncio della passione – a cui, lì per lì, il Maestro gli aveva risposto: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8, 33b). Un dubbio atroce tormenta i dodici: è il vero Messia quello che stanno seguendo? e, se sì, come interpretare il profetizzato, e non certo confortante, epilogo del suo ministero pubblico? Gesù non solo capisce che i suoi stanno attraversando una vera e propria crisi, ma, con delicatezza, se ne fa carico, conducendoli per mano sul Tabor e accettando, a sua volta, di lasciarsi trasfigurare dalla mano del Padre, per mostrare un riflesso della sua Gloria.
Tra lo spavento e l’emozione, è ancora Pietro che prende la parola a nome di tutti: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9, 5b). Povero Pietro! Stavolta si sente ammonire addirittura da una voce dal cielo: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!» (Mc 9, 7b). Tutti noi, in fondo, come lui, come gli apostoli, come tanti fratelli e sorelle di fede abbiamo bisogno di segni chiari; a volte li domandiamo con insistenza o li cerchiamo, attraverso esperienze di preghiera prolungata, di spiritualità, di pellegrinaggi, di adesione a questo o quel carisma … Ma, alla fine, in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni, tocca anche a noi discendere dal monte e rimetterci in marcia nella pianura, o – per restare in tema – attraverso il deserto quaresimale, dentro quella quotidianità, alle volte arida, ma dove più risuona l’invito all’ascolto e alla sequela di Gesù nel suo cammino verso la Pasqua di morte e risurrezione: è questo il vero e più grande segno! Affrettando i passi e affinando orecchie e cuore, potremo essere, a nostra volta, segni, probabilmente non eclatanti, eppure efficaci, della presenza e dell’amore del Cristo che abbiamo incontrato.
don Michele Parolini