È davvero molto positivo il bilancio della serata che la diocesi di Como ha promosso, in collaborazione con la diocesi di Milano, giovedì 24 maggio, presso il Cinema Astra di Como, in occasione della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. Un appuntamento che ha coinciso con il lancio del progetto AstraHub e che ha visto la partecipazioni, tra gli altri, di Aiart Como.
«Non abboccare – come nascono e si diffondono le fake news»: questo l’argomento affrontato, riprendendo il Messaggio di papa Francesco, da Daniele Bellasio (caporedattore del quotidiano La Repubblica), Piercesare Rivoltella (direttore del Cremit e docente dell’Università Cattolica), Luca Sofri (direttore de Il Post e autore del libro Notizie che non lo erano).
I loro interventi si sono alternati ad alcuni contributi video di Chiara Giaccardi, antropologa della comunicazione e docente dell’Università Cattolica, e Giacomo Poretti, il quale, con comicità semplice e diretta, ha proposto una riflessione sulla “dittatura dell’algoritmo”, che, molto spesso, profilando le nostre abitudini con estrema precisione, finisce con il conoscerci meglio delle persone a noi più care, creando in noi l’illusione che conosca gusti e necessità.
La serata è stata condotta con un format innovativo e coinvolgente, grazie al progetto “Astra Hub” che, beneficiando di un contributo Cariplo, ha permesso al Cinema Astra di Como – sala della comunità nata oltre 50 anni e unica struttura di fruizione cinematografica rimasta nel cuore del capoluogo lariano – di dotarsi di strumentazioni tecnologiche finalizzate alla promozione di iniziative che favoriscano le relazioni nel tessuto sociale locale (con un progetto ad hoc anche per le persone non vedenti). Collegate in streaming altre due sale della comunità della diocesi di Como, a Morbegno e Sondrio, entrambe in Valtellina. Una serata molto ritmata, condotta da Stefano Dragone, con la regia di Paolo Lipari e il lavoro di redazione del Settimanale della diocesi di Como.
Vero e falso
«Il giornalista come mediatore per distinguere il vero dal falso», questo il pensiero di Bellasio, che ha così risposto anche a una provocazione di Poretti in merito al giornalismo come «mestiere a rischio di estinzione». «Sempre diffidare dalle notizie che, in prima battuta ci colpiscono – ha detto Bellasio -, perché sono urlate o perché rispondono alle dinamiche dei sentimenti e delle sensazioni più estreme».
«Richiamare il giornalista alla propria responsabilità – è la convinzione di Sofri –, senza autoassolversi comodamente, ma sentendosi investiti dell’obbligo di diffidare di quelle notizie mai veramente verificabili fino in fondo». Per Sofri, inoltre, «la rete di internet e dei social network ha sì favorito la diffusione più rapida e a più livelli, ma gli interessi che si celano dietro le false notizie esistono da sempre e sono di tipo economico o politico. Per questo è importante, per chi di mestiere è chiamato a spiegare le notizie, non fermarsi alle argomentazioni poco convincenti».
«Troppo spesso – è l’osservazione di Rivoltella – si è creduto che la verità fosse arrogante. La soluzione è proprio rimettere al centro la verità. Le fake news proliferano perché oggi il metodo che si è affermato è quello dell’indifferenziazione: ogni opinione ha il medesimo valore. Da qui nasce anche lo scontro continuo, che diventa guerra, che diventa assenza di pace».
Scarsa accuratezza, leggerezza, questione educativa: questi alcuni dei punti deboli individuati quali amplificatori della diffusione non necessariamente delle false notizie, ma anche delle notizie manipolate o non del tutto vere. «L’algoritmo e i motori di ricerca sono iper raffinati, iper veloci, ma non sono intelligenti. Gli uomini e le donne che li usano devono farlo con intelligenza: essere informati costa fatica», ha affermato Bellasio.
Particolarmente riuscito un gioco con il pubblico in sala: seguire alcuni servizi giornalistici confezionati dalla redazione del Settimanale diocesano di Como e dagli studenti della Youth Bank. Scoprire, fra quelle proposte, le notizie vere o false. Nessuno ha indovinato la giusta sequenza: se si è convincenti, è difficile far emergere verità e falsità. Creare fiducia fra lettore e giornalista, valorizzando l’autorevolezza di chi diffonde le notizie. Mettere al lavoro la propria razionalità, riscoprendo la verità nell’incontro, nella costruzione di un proprio capitale culturale. Riconoscere che il racconto della verità ha un prezzo, anche economico, e un valore: dove non si investe e non ci sono risorse, il prodotto diventa l’utente (talvolta da raggirare) e ci si deve accontentare di quello che viene offerto. Queste le osservazioni finali di Bellasio, Rivoltella, Sofri.