Assoluzione perché il fatto non sussiste. Questa la formula usata dal giudice, questa mattina, a conclusione del processo in cui era imputato il giovane Jacopo, detto Daitone, alla sbarra per fatti relativi all’estate 2016.

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Jacopo, quali sono le tue considerazioni dopo questa sentenza che di fatto fa cadere qualsiasi accusa rispetto ai fatti di tre anni fa?

«Personalmente sono contento. Sia per la partecipazione numerosa al processo di lunedì, da cui è risaltato il fatto che si trattasse di un episodio di interesse pubblico, e non solo personale, e sia per la decisione del giudice che ha stabilito che l’episodio contestato non fosse fonte di pericolo sociale, per cui non sussistesse come reato, riconoscendo di fatto l’assoluzione. Le reali motivazioni verranno, come vuole la prassi, depositate più avanti, ad ogni modo la sentenza ha riconosciuto l’esagerazione di cui ero stato oggetto e ha posto un minimo di argine al totale arbitrio con cui le forze di polizia sono intervenute sulla questione».

Si tratta più di una vittoria solo personale o anche dei tanti che si sono impegnati a favore dell’accoglienza dei migranti in quell’estate 2016?

«Credo si tratti soprattutto di una vittoria giuridica. Personalmente non reputo che la legittimità di un’azione sia misurabile in base alla decisione del questore o del giudice di turno. Pertanto anche se mi avessero condannato avrei continuato a credere nella bontà di quello che ho fatto.  In questo caso specifico, essendo stata la mia un’esperienza vissuta all’interno di una dimensione collettiva, ritengo possa far bene a tutti il fatto che il giudice abbia riconosciuto che l’operato della Questura in quella circostanza sia stato molto discrezionale».