Nei giorni in cui in Consiglio comunale a Como si discuteva della mozione per l’apertura di un nuovo dormitorio per senza dimora – mozione  approvata giovedì sera con 14 voti favorevoli e 8 contrari – Il Settimanale ha fatto visita al dormitorio presso la casa dei Missionari Comboniani di Rebbio, un servizio di “seconda accoglienza” attivo sul territorio dal febbraio 2017.

La struttura – finanziata anche grazie ai fondi Cei del progetto “Como città di Confine” – è gestita dalla Fondazione Caritas Solidarietà e Servizio in collaborazione con la parrocchia di Rebbio. Offre un totale di 19 posti – divisi in tre camere (di differenti dimensioni) – ed è aperto dalle 20 alle 8 grazie alla presenza fissa di un operatore e alla collaborazione di una ventina di volontari.

La Caritas diocesana presenta “Como città di Confine”

«Il requisito essenziale per poter essere accolti è quello di condividere una progettualità di tipo lavorativo o formativo sotto la supervisione di due figure chiave come Ivana Fazzi per Caritas e Georgia Borderi per la parrocchia di Rebbio”, ci spiega Samuele Brambilla, referente del servizio.

«Questo significa – prosegue Brambilla – che, a differenza del dormitorio di via Napoleona, non c’è un termine massimo di permanenza e una persona può restare tutto il tempo necessario a fare un passo ulteriore verso l’autonomia. Ovviamente chi non dovesse rispettare il percorso condiviso al momento dell’ingresso o dovesse tenere comportamenti non consoni, dopo qualche richiamo, viene invitato ad andarsene».

E’ proprio questo accompagnamento, condiviso anche dai volontari, a rappresentare la cifra distintiva di questo tipo di struttura dove, attualmente, sono ospitate 16 persone di cui 12 hanno attualmente un lavoro, seppur spesso con contratti stagionali o un tirocinio avviato. «Capite cosa può voler dire per chi lavora dover dormire in strada…come si fa? – commenta il referente -. Per loro uno spazio come questo è fondamentale».

I NUMERI

Nel corso del 2018 gli ingressi effettuati sono stati 27 di cui 13 indicati dalla Caritas e 14 dalla Parrocchia di Rebbio. Si è trattato per lo più di cittadini stranieri – tutti in possesso del permesso di soggiorno (come richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale o per motivi di lavoro) – provenienti da Africa (21), Asia (2), e Italia (4). Nel corso del 2018 le persone che hanno lasciato il servizio di accoglienza notturna sono state 31 e quasi la metà (14) è andata verso nuovi percorsi di autonomia o altre strutture di seconda accoglienza. I restanti 17 hanno deciso di abbandonare il progetto.

«Può capitare che per alcuni periodi restino alcuni posti liberi, ma questo non è di per sé un fatto negativo anche se cerchiamo di far sì che lo rimangano il minor tempo possibile”, precisa Samuele.  “Questo dimostra come la nostra priorità non sia quella di riempire la struttura il più in fretta possibile, prendendo le prime persone che sono nel bisogno”.

I dati dei primi mesi del 2019 lo dimostrano: delle sedici persone che hanno lasciato il dormitorio ben 13 hanno proseguito il loro percorso di autonomia, anche grazie ad alcuni appartamenti messi a disposizione della parrocchia di Rebbio, e cinque all’interno di altre strutture di seconda accoglienza. Sono state solo 3 le persone che hanno abbandonato la struttura interrompendo il loro progetto.

«Negli ultimi mesi stiamo cercando di lavorare proprio sulla condivisione dei percorsi, chiedendo un impegno serio agli ospiti, e i risultati iniziano a vedersi: la percentuale di quanti lasciano il dormitorio con esisti positivi sta crescendo. Questo ci fa molto piacere anche se restiamo coscienti di una cosa: al di là dell’aiuto che possiamo offrire sono poi le singole persone a doversi aiutare, ma sono davvero tanti quelli che hanno voglia di fare. A volte si tratta solo di dar loro un’opportunità».