Il 16 agosto di cinque anni fa mancava don Claudio Madasi, medico, volontario missionario, sacerdote, stroncato da una lunga malattia. Il prossimo venerdì 16 agosto, nel quinto anniversario della sua nascita al Cielo, verrà celebrata una Santa Messa di suffragio, alle ore 18.00, presso il Santuario del SS. Crocifisso di Como. Don Claudio era molto conosciuto, amato e apprezzato per la sua fede, la passione con cui si è dedicato agli ultimi, anche negli anni della malattia. La sua famiglia ha voluto condividere con noi questo ricordo, che pubblichiamo integralmente. Grazie alla famiglia Madasi, a mamma Andreina: ci hanno consegnato una testimonianza davvero molto bella…
In ricordo di don Claudio Madasi
Caro don Claudio, quest’anno ricorre il 5° anniversario della tua Nascita al Cielo: era il 16 agosto 2014. Qualche giorno prima, nonostante la malattia in fase avanzata, ti eri recato in Valle d’Aosta, accompagnato dalla mamma Andreina, da tuo fratello Giovanni e dalla zia Armella. Un desiderio… quello di salire ancora una volta lungo i sentieri delle montagne, che è un po’ come percorrere la vita: con la perseveranza nel cammino, con la sofferenza nelle difficoltà, con la ferma speranza nella meta. Un desiderio… quello di contemplare le cime illuminate del Gran Paradiso, per onorare ancora una volta la bellezza del Creato, in una continua e silenziosa preghiera rivolta a Colui al quale già ti stavi avvicinando e che da sempre volgeva il Suo sguardo su di te. Per l’ultimo saluto, sei stato accolto amorevolmente nella Cappella della Croce dai Padri Somaschi del Santuario del SS. Crocifisso, la parrocchia di Como dove eri cresciuto e nella quale per anni eri stato catechista.
Conservo nell’animo il calore di tutti coloro che, giunti “da mille strade” , si sono sentiti uniti nella preghiera, nei Santi Rosari recitati lì, vicino a te, come a testimoniare che il tuo insegnamento, il tuo esempio, quello più importante, era stato pienamente raccolto. Ricordo i racconti e le parole, preziose, pronunciate e scritte in quelle ore, da amici, colleghi e da chi semplicemente ti aveva conosciuto, aveva percorso con te un tratto di vita. Erano cammini diversi, che lo Spirito Santo ha fatto incrociare e dai quali è scaturita la gioiosa consapevolezza di aver ricevuto un dono e di volerlo condividere con altri. E poi c’era l’eco di una commozione speciale e profonda che arrivava dal tuo amato Brasile. Nel 1988 eri partito come volontario, medico neuropsichiatra infantile, e là sei rimasto per più di vent’anni. Hai curato il corpo e lo spirito dei bambini “rifiutati” dalla società e delle famiglie più disagiate, collaborando con l’associazione “La Nostra Famiglia”, promuovendo iniziative a sostegno e in difesa della vita.
Nell’Anno Santo 2000, hai accolto con entusiasmo e gratitudine la chiamata al sacerdozio. Ricordo che per la tua famiglia era stato un Natale davvero ricco di Grazie, con la partecipazione alla gioia per la tua vocazione e l’annuncio dell’arrivo del tuo terzo nipotino Tommaso, dopo Lorenzo e Filippo. Sei entrato nel Seminario Diocesano di Belem, l’8 dicembre 2002, sei stato ordinato Diacono e il 15 marzo 2003 hai ricevuto l’Ordinazione Sacerdotale. Poi ti abbiamo seguito mentre svolgevi l’incarico di parroco a Macapà e di Rettore del Seminario di Belem. Nella tua esistenza non sono mai mancati lo studio, l’apertura alla conoscenza, la solidarietà nei confronti del vissuto di chi incontravi, il desiderio di momenti di spontanea giocosità con i bambini. Il Capodanno del 2010 lo ricordiamo con un velo di tristezza; eri appena rientrato dal Brasile ed hai scoperto di essere malato di leucemia… La malattia ti ha duramente provato per quattro anni, in parte passati al San Raffaele di Milano e all’Ospedale Valduce di Como, con un periodo di remissione e poi il ricorso al trapianto di midollo, dono di tuo nipote Lorenzo.
Così scrivevi nel tuo diario il 13 agosto 2010: «Quelli che mi scrivono mi aiutano a capire il perché di questa infermità. Una sorella (da molto lontano) mi scriveva di Dono d’Amore. Sono arrivato il primo gennaio in Italia. Ricordo la Liturgia dell’Epifania. Ho riflettuto sul Dono che i Magi hanno portato a Gesù e, principalmente, sul Dono che è Gesù per me, per noi. Qual è il dono speciale ed unico (personale) che il Verbo fatto carne vuole farmi in questo Natale? Per me è stato il dono della malattia, Dono e Prova di Amore, come scriveva esattamente la sorella. Dio mi dice che mi sta amando e vuole una risposta d’amore totale mia. È il martirio d’amore quotidiano di chi si abbandona totalmente all’Amore e di cui parlava, tra gli altri Santi, Santa Giovanna Francesca di Chantal che abbiamo celebrato ieri. Lui ci stacca da tutto ciò che ci è più caro per darci il centuplo, per darci molto, molto di più. Voglia il Signore che sia così per me: abbandono totale! Sperimento che “il mio peso è lieve ed il mio giogo soave”. Bellezza e Mistero della Croce!».
Caro don Claudio, voglio parlare della tua vocazione di malato anche con questa lettera, che sicuramente tu ricorderai:
“Buongiorno Claudio, sono il figlio di Luciano, suo amico e vicino di letto per qualche tempo al San Raffaele. Papà è spirato ieri mattina alle 3. Come sa, lui si definiva propriamente un agnostico. Questa notte stavo sfogliando dei suoi documenti sul suo iPad e ho trovato questo scritto di mio padre che parla di lei”.
«Ciao, mi presento, sono Luciano,
ti scrivo questa preghiera anche se non appartengo alla folla dei tuoi seguaci e praticanti.
Non praticare la tua Chiesa non significa comunque non condividerne molti dei principi… ed è alla comunione di questi principi che mi appello per questa preghiera.
Il destino mi ha costretto a prendere un sentiero lastricato di difficoltà, in salita, pieno di insidie e di pericoli, tra una caduta e l’altra, tra disperazione e speranza, fatto di gioia e sofferenza. Ebbene, Signore, lungo questo sentiero ho trovato Claudio, un tuo fedele, un uomo che ha sposato la tua fede e che ha dedicato buona parte della sua vita alla tua adorazione e ad aiutare i suoi simili.
Ora, Signore, io non credo che Claudio come tutti noi sia esente da peccato, ma sono convinto, almeno per lui, che il peso del bene sovrasti sulla bilancia abbondantemente il peso del male.
Signore ti chiedo di guarirlo al più presto e, se proprio non fosse possibile, non farlo soffrire e accoglilo a te, ne sarà sicuramente felice».
Negli anni trascorsi in Italia, dal 2010 al 2014, hai continuato a testimoniare il tuo essere medico, missionario e sacerdote. Queste sono state le parole di chi ti ha conosciuto in quei mesi…
«In punta di piedi sei entrato in consultorio. Una presenza discreta, attenta, delicata. Tu, che di cose ne avevi da insegnarci, hai cominciato subito a seminare e il primo seme a germogliare è stato quello di una bella amicizia, cordiale, fraterna, generosa, tenuta viva e alimentata anche nei giorni più difficili, fino all’ultimo, quando ti costava fatica. Ci hai sempre incoraggiato ad accogliere le fragilità delle famiglie e, quando la malattia ti ha tenuto fisicamente lontano, abbiamo sempre contato sulla tua preghiera, su una speciale intercessione, nella celebrazione Eucaristica quotidiana, per noi e per quelli che a noi si affidavano».
«Don Claudio è arrivato nel 2010 dalla diocesi di Macapà, come fidei donum nella nostra e sua diocesi di origine: non sapevamo che fosse possibile un rapporto di cooperazione tra diocesi anche per i sacerdoti diocesani provenienti dai territori di missione. L’abbiamo accolto così, semplicemente, inserendolo a tutti gli effetti nel presbiterio diocesano e quello che abbiamo ricevuto in questa relazione di scambio tra chiese è stato molto di più di quello che abbiamo saputo dare. Con te il Centro missionario ha imparato a mettersi in quell’onda di andata e ritorno che ormai caratterizza la missione e con cui le nostre comunità saranno chiamate sempre di più a misurarsi. Don Claudio ha accolto gli incarichi di ministero che gli sono stati richiesti: collaboratore al Centro Missionario, a Cavallasca e a Plesio, parroco a Casnate con Bernate. L’abbiamo visto sempre contento del servizio propostogli, disponibile ad inserirsi con umiltà in un percorso già tracciato da altri e consapevole di essere lì, in quella comunità solo per un periodo eppure capace di donare alla gente il meglio di sé e di essere un pastore attento agli ultimi, ai piccoli, ai poveri con una parola e uno sguardo per ciascuno. Grazie don Claudio! Il Centro missionario ha imparato a sentirsi dentro una storia in cui solo lo Spirito è il protagonista assoluto: noi siamo solo strumenti. Con te abbiamo imparato che la missione nasce da un Dio con i piedi e le braccia inchiodate alla croce e che l’andare ha senso solo se sappiamo stare: in contemplazione davanti a Lui, in atteggiamento di dono, come hanno fatto la tua mamma e la tua famiglia con te, in silenzio senza capire la morte. Solo nella notte dopo la festa dell’Assunzione di Maria potevi giungere alla sorgente della gioia: da lì, trasfigurato dall’Amore sappiamo che accompagni la nostra navigazione».
Ciao don Claudio, e grazie … perché so che sei lassù “davanti all’Altissimo, inginocchiato a invocare grazie e benedizioni per chi hai amato e ti ha amato, per chi ti è stato affidato e di cui ti sei preso cura”. Le ultime parole… le lascio a te: «Nelle notti insonni ho pensato a quello che c’era scritto sull’altare nel giorno della mia prima Santa Messa: “La mia vocazione è l’amore”… e tu sai bene quello che segue e implica nell’insegnamento di Teresa di Gesù Bambino. Mi sento davvero sereno e abbandonato ai piani di Dio che è Amore: non muoio, entro nella vita».