«La diocesi di Como invita a riporre fiducia» nell’operato della Santa Sede e della magistratura sia vaticana che italiana, e «ringrazia vivamente tutte le persone che con la loro testimonianza e con la consegna di documenti hanno contribuito a ricercare la verità». Esprime, inoltre, «paterna solidarietà verso tutti i soggetti coinvolti, a partire da coloro che hanno raccontato, non senza fatica, le loro esperienze». È questo l’incipit della nota che la Chiesa comense ha diffuso mercoledì 18 settembre, all’indomani della comunicazione giunta, martedì 17 settembre, dalla Sala Stampa Vaticana e relativa al rinvio a giudizio di due sacerdoti.
Don Gabriele Martinelli, «con l’accusa di abusi sessuali che sarebbero avvenuti nel Preseminario San Pio X in anni precedenti il 2012» e don Enrico Radice, «rettore del Preseminario all’epoca dei fatti, con l’accusa di favoreggiamento». Il Preseminario San Pio X è luogo di discernimento vocazionale all’interno delle mura vaticane, voluto dal papa Pio XII nel 1956 e affidato al sacerdote comasco don Giovanni Folci e all’Opera di diritto diocesano da lui fondata. All’epoca dei presunti fatti Gabriele Martinelli era alunno del Preseminario e «non aveva ancora presentato la richiesta di ammissione agli Ordini Sacri». Le indagini che hanno portato al rinvio erano state avviate nel novembre del 2017 a seguito di notizie divulgate da organi di stampa. La nuova procedura, sottolineano Sala Stampa e diocesi di Como, è stata possibile «in virtù di un apposito provvedimento del Santo Padre del 29 luglio scorso, che ha rimosso le cause di improcedibilità». La Chiesa comense, su delega della Santa Sede, ha espletato «un’indagine previa», conclusa nel maggio 2018 con la consegna del fascicolo alla giustizia vaticana, con la quale ampia è stata la collaborazione. Un’indagine approfondita, «espressione di un’autentica volontà di compiere ogni sforzo per garantire un servizio alla Verità, alle Persone e alla Chiesa, che potesse garantire sicurezza e protezione a tutti i minori e agli adulti vulnerabili, anche attraverso il riconoscimento di eventuali ritardi od omissioni commessi in passato». Entrambi i sacerdoti sono stati limitati nell’esercizio del loro ministero. Per il prosieguo del procedimento la diocesi di Como continuerà a mantenere uno stile di riservatezza e fiducia, «nella vicinanza paterna a tutte le persone coinvolte e all’intera comunità credente».