In occasione della visita di Papa Francesco in Giappone rilanciamo l’intervista a suor Milka Nonini, originaria della Valchiavenna, pubblicata sul numero 40 de Il Settimanale (uscito il 24 ottobre scorso).

Nativa di Novate Mezzola, suor Milka, fa parte della Congregazione delle missionarie di Maria (meglio conosciute come missionarie Saveriane) e vive da quattro decenni in Giappone. Milka ha accettato subito di condividere con noi le ragioni e le modalità della sua presenza nel paese del “Sol Levante”.

Milka, qual è la realtà del luogo in cui ti trovi in missione? Che tipo di presenza ti chiede?
Come molti Paesi industrializzati e secolarizzati anche il Giappone sta vivendo un momento particolare della sua storia, caratterizzato da incertezze e crisi ma anche da grandi opportunità. I rapporti internazionali, soprattutto con i Paesi asiatici, in particolare la Cina e la Corea, sono molto delicati e in crisi, suscitando preoccupazioni e nervosismi internazionali. Questa situazione d’insicurezza e vulnerabilità a livello socio – politico, energetico e di politica internazionale si riflette sui vari settori della società, soprattutto sulla famiglia e sul mondo giovanile privo di prospettive per il futuro. A ciò si aggiunge l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione demografica di questi ultimi decenni. Il mondo virtuale ha ormai preso il sopravvento su quello reale creando, paradossalmente, una vera crisi relazionale. La diminuzione dei matrimoni legali e l’aumento dei divorzi mettono in crisi la famiglia e quelli che ne soffrono di più sono i bambini. Il sistema di vita basato quasi esclusivamente sui criteri economici, crea solitudine, depressioni e porta spesso al suicidio, aumenta il fenomeno di coloro che si isolano dalla società rimanendo chiusi in casa, il bullismo e la delinquenza.

Una descrizione a tinte fosche…
Nella crisi non mancano, tuttavia, elementi di speranza e di fiducia. L’emergenza causata da terremoti, tsunami e dall’incidente atomico di Fukushima del 2011, dal recente tifone che colpito il nord del Paese, ha fatto riemergere in tutto il popolo giapponese un forte senso di solidarietà che si è espresso non solo nel momento dell’emergenza, ma continua anche ora in varie forme. Nel fronteggiare questa crisi il popolo giapponese dispone, sul piano umano, di grandi risorse spirituali. Queste risorse sono principalmente: la capacità di resistere, di perseverare, di “tener duro”; la forte coesione sociale, o armonia di rapporti sociali che, per esempio, rende praticamente impossibile scioperi o altre forme di conflitti sociali. Ma questi valori spirituali, veicolati ed alimentati da una cultura raffinata, da soli sembrano non bastare più. Anche il Giappone ha bisogno oggi di un “supplemento d’anima”, di un risveglio religioso, dell’incontro con Cristo.

In questa società in forte cambiamento (128 milioni ca. di abitanti), la Chiesa cattolica resta una piccola minoranza (circa 450.000 fedeli ai quali, in questi ultimi decenni, se ne sono aggiunti altri 565.000 provenienti dall’estero: Filippine, Indonesia, Vietnam, Brasile, Perù). Distribuita in sedici diocesi, la piccola comunità cattolica vive tutte le contraddizioni della società in cui è inserita.

Da sempre impegnata nel campo educativo e assistenziale con un numero considerevole di scuole di ogni ordine e grado, ospedali, orfanotrofi, case di riposo, la Chiesa cattolica continua a dare una preziosa testimonianza di carità cristiana, apprezzata dalla società giapponese; ma la recente, netta diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose la costringono a chiudere molte opere e a cercare altre forme di presenza, di testimonianza e di servizio.
La Chiesa in Giappone ha coscienza di dover essere “lievito nella pasta” e “piccolo seme” disposto a morire per portar frutto. Anche la Chiesa, come la società, soffre di un progressivo invecchiamento dei suoi membri. I giovani sono i grandi assenti delle comunità ecclesiali ed anche tanti cristiani, pur avendo ricevuto il battesimo, per varie ragioni, si sono allontanati dalla Chiesa.

In un recente incontro con dei religiosi in Mozambico papa Francesco ha ripreso ciò che affermava papa Benedetto XVI, e cioè che «la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione». Che senso ha questo nella tua esperienza quotidiana?
In questa complessa e per alcuni aspetti davvero drammatica situazione della società e della Chiesa in Giappone la missio ad gentes sta attraversando un momento particolarmente difficile, constatabile anche dal semplice fatto della diminuzione dei battesimi (dimezzati in questi ultimi trent’anni). Purtroppo anche il numero dei missionari in Giappone è grandemente diminuito in questi ultimi decenni. Si avverte la necessità di una ‘presenza missionaria specifica’ nella Chiesa in Giappone che per me si concretizza nella testimonianza di vita, nel vivere insieme sorelle di tre nazionalità diverse e volersi bene. Questo modo di vivere interroga chi viene in contatto con noi. Più di una volta mi è stata fatta la domanda: “Che cosa c’è? Perchè sei così?”. Questo è già il primo passo per l’incontro con il Vangelo. Da lì può cominciare un cammino che può prendere anche molto tempo e richiede pazienza. La mia testimonianza di Gesù può non portare subito frutti visibili, ma forse a distanza di anni qualcosa fiorirà. È la speranza. Poi approfittare di tutte le occasioni per tessere rapporti di amicizia con le persone. Per questo ho iniziato a dare lezioni di cucina italiana. Da lì comincia un dialogo. Non è detto che la persona arrivi a ricevere il battesimo, però può vivere dei cambiamenti importanti nella sua vita. Un cardinale giapponese ha detto che la fede entra nel cuore dei giapponesi attraverso gli occhi. Quindi più che i ragionamenti, le parole, sono richiesti i fatti, la condivisione di gesti concreti, il dare attenzione, tempo, ascolto, la donazione gioiosa di sè. È la “predicazione informale” che ci suggerisce papa Francesco nella Evangelii gaudium 127. Da persona a persona: “Essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada”. Questo è per me anche il senso dell’affermazione di papa Benedetto XVI, e cioè che “la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”.

P.L.