Anche nella seconda domenica di Quaresima, per il permanere e l’aggravarsi della situazione legata alla diffusione del Coronavirus, il Vescovo monsignor Oscar Cantoni ha celebrato la Santa Messa a porte chiuse. Questa volta dal Santuario del SS. Crocifisso in Como. Ecco le sue parole nell’omelia. Dopo la comunione, il Vescovo Oscar ha rivolto una significativa supplica al Crocifisso.
«Cari amici nel Signore: per la seconda volta celebro l’Eucaristia a porte chiuse, ma so che attraverso i media mi state seguendo in molte famiglie, da ogni parte della nostra diocesi. E’ questo un grande momento di fede e di intensa comunione: e ciò è molto consolante per tutti noi. Abbiamo tanto bisogno di vicinanza, in queste ore di tensione, di fatica fisica e psicologica. Ho proposto questo santuario del Crocifisso in Como per la celebrazione eucaristica di questa mattina essendo un luogo molto caro a tutti noi comaschi.
Al santo Crocifisso, venerato in tanti luoghi della nostra diocesi, come per esempio a Rovellasca, ad Albiolo, a Combo di Bormio, qui in questa basilica è riservato un particolare culto, perché lungo i momenti più travagliati della nostra storia, si è sempre rivelato un grande baluardo e continua ad esserlo anche oggi, a sostegno e difesa di tutti noi, assaliti dal corona virus.
In questo momento di calamità nazionale, dove tutti devono sentirsi coinvolti nella comune responsabilità, e vicini a quanti sono colpiti dal virus, soprattutto in Lombardia, noi ci affidiamo alla sua protezione. Nonostante l’incertezza e la paura di questi giorni, è importante, nello stesso tempo, promuovere tra di noi reti di solidarietà, che contrastino la solitudine e l’isolamento di molti, soprattutto delle persone più fragili e vulnerabili. L’impossibilità di riunirsi nelle chiese della nostra diocesi per celebrare l’Eucaristia ci addolora molto. Da qui l’occasione per momenti fissi di preghiera da organizzare in famiglia, o anche di visite alle chiese, che continuano a restare aperte, per adorare personalmente Gesù e per incontrare i sacerdoti disponibili per un colloquio penitenziale.
Sentiamo viva e struggente la mancanza della celebrazione eucaristica domenicale e feriale. È una ferita lancinante, perché il pane eucaristico ci sostiene nel cammino e ci dà forza per continuare a vivere e a sperare. D’altra parte, perché è sempre bene cogliere nelle occasioni, anche le più sfavorevoli, le opportunità che ci sono offerte, vorrei ricordarvi che quanto più grande è la nostalgia e il desiderio della celebrazione, tanto più urgente deve essere, da parte di tutti noi, la necessità di ricuperare il valore e la preziosità del dono di Dio, offertoci nella Eucaristia, momento centrale e fondante la comunità cristiana.
L’Eucaristia è costitutiva dell’essere e dell’agire della Chiesa. Lo Spirito santo fa in modo che il pane e il vino diventino il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, così che tutta la Comunità diventi lei stessa sempre più Corpo di Cristo. Ravvivare queste certezze, a volte troppo poco sottolineate, ci stimola a porci qualche interrogativo sul significato della nostra presenza o della nostra assenza alla celebrazione domenicale, sulla incisività o meno della s.Messa nella nostra vita.
Non è forse vero che tante volte partecipiamo alla celebrazione come una consuetudine, se non come un dovere? Forse non ne avvertiamo nemmeno l’esigenza. Alludo in modo speciale ai giovani, che sono, per la più parte, i grandi assenti nelle nostre comunità proprio alla celebrazione eucaristica. Quante volte l’Eucaristia è vissuta individualmente, come se fosse un fatto privato e non comunitario. A volte capita di sentirmi dire: “vado a Messa a quell’orario perché mi è più comodo”, “in una chiesa qualunque, a prescindere dalla mia parrocchia”, oppure: “entro in chiesa solo se presiede il tal prete”; quante volte siamo a Messa come spettatori e non come concelebranti! Capita poi che qualche coro parrocchiale lasci muta l’assemblea, senza coinvolgerla, creando un grande distacco e un vuoto, per non parlare, poi, del linguaggio di qualche omelia, che a volte, oltre che essere troppo prolungata, risulta anche poco rispondente alla nostra sensibilità e ai nostri interrogativi. E via di questo seguito…
Pur in questa situazione incresciosa che stiamo vivendo, in assenza della Messa domenicale, è questo un momento molto opportuno proprio per interrogarci sulla qualità delle nostre celebrazioni, che dovrebbero essere strumenti indispensabili per il progresso della nostra fede, per stabilire legami di comunione, il cui frutto più immediato è la testimonianza attiva della carità. Il caro nostro vescovo Teresio Ferraroni, quando era tra noi, era solito ripetere: “Meno Messe, ma più Messa!“.
Qualche riflessione ora sulla Parola di Dio che ci è stata annunciata.
Il cammino della fede incomincia proprio con la chiamata di Abramo (episodio narrato nella prima lettura), quando Dio, a sorpresa, entra in dialogo con lui ed è subito messo in cammino. All’iniziativa di Dio, che sconvolge all’improvviso i progetti di Abramo, corrisponde la sua risposta obbediente. Egli si è affidato completamente a Dio, lasciandosi condurre dalla Parola che egli gli aveva rivolto. La fede nasce dall’ascolto, ci ricorda s.Paolo in una sua lettera. La fede di Abramo non consiste, in primo luogo, nel credere a certe verità rivelate da Dio, ma nel consentire a stabilire una abituale relazione di amicizia con il Signore. E’ capitato così anche ai tre discepoli prediletti (Pietro, Giacomo e Giovanni) che Gesù ha condotto con sè su “un alto monte”, come annunciato nel Vangelo di oggi, quello della Trasfigurazione. Sono gli stessi che vivranno con Gesù l’esperienza dolorosa del Getzemani. I tre apostoli non avevano ancora ben compreso il programma messianico di Gesù e soprattutto non erano ancora pienamente consapevoli del mistero che lo abitava, non si rendevano conto di come la croce, annunciata dal Maestro, potesse essere il suo trono di gloria.
Quando Dio Padre stesso presenta loro Gesù, sfolgorante della luce pasquale, come il suo Figlio amato, essi, pieni di stupore e di meraviglia, ricevono un solo invito: “ascoltatelo”. Ascoltare Gesù che si rivela è per tutti la via maestra per poterlo conoscere, amare e seguire, allora anche a nostra vita si trasfigura. In questi giorni, pieni di tristezza, in cui non possiamo ritrovarci insieme per celebrare l’Eucaristia, a tutti è data però la possibilità di leggere e meditare in famiglia (tra genitori e figli) la Parola di Dio: è Lui che ci viene incontro, parla a noi, parla di noi. Ascoltare Gesù: è molto prezioso questo invito del Padre. Vale la pena decidere di spegnere la televisione e cellulari per dedicare uno spazio di tempo della propria giornata al silenzio e alla preghiera, per trovare noi stessi e percepire meglio la voce del Signore. L’incontro con Dio ci spinge poi a “discendere dal monte”, come i tre discepoli, ritornare alle solite occupazioni per incontrare con uno sguardo nuovo tanti fratelli, appesantiti da fatiche, malattie, povertà materiali e spirituali. Rinnovati dall’incontro con il Signore, potremo stare accanto a chi è solo, a chi ha paura, a chi è nell’ansia, rinvigorire in questo tempo affetti e relazioni che la vita quotidiana di solito rende meno intensi, e vincere insieme il virus della paura, della sfiducia, della rassegnazione, con la forza della nostra piena umanità.