Dall’inizio di questa pandemia la scena si ripete uguale ogni sera: a partire dalle 18.30, alla spicciolata, il posteggio del Centro pastorale cardinal Ferrari di Como si riempie di uomini che attendono la distribuzione del sacchetto con la cena. A svolgere questo compito sono i volontari dell’associazione Incroci che da anni si occupano del servizio nella mensa serale del Don Guanella, momentaneamente chiusa propria a causa della pandemia.

Stando ai dati forniti a Il Settimanale dal servizio Porta Aperta della Caritas sono in media tra i cinquanta e i sessanta gli utenti (quasi tutti uomini), con un picco di accessi (69) che si è registrato sabato 18 aprile. Si tratta di numeri decisamente più bassi rispetto ai 130-150 pasti che venivano forniti ogni sera alla mensa serale in via Tommaso Grossi, ma il dato non deve ingannare: dall’introduzione delle misure di contenimento, infatti, gli utenti dei dormitori cittadini ricevono i pasti direttamente presso la loro sede e questo ha ridotto drasticamente l’accesso spontaneo alle mense.

Lo sa bene Gabriele Bianchi, operatore della Caritas, che ogni giorno si occupa di coordinare l’approvvigionamento delle mense e lo smistamento dei pasti nei vari luoghi di distribuzione.

«Il lavoro è frenetico e, sinceramente, non so quanto potremo andare avanti con questi ritmi perché la pressione sui servizi è tanta», confida Gabriele.

La verità è che dall’inizio della crisi si è resa necessaria una riorganizzazioni di mense e dormitori che richiede un dispendio notevole di risorse non solo economiche, ma soprattutto umane, in un contesto in cui – per tutelare la salute pubblica – si è scelto di ridurre al minimo indispensabile il contributo dei volontari (da sempre fondamentale per la tenuta dei servizi stessi).

I ragazzi di Legàmi e la “spesa sospesa” a Montano Lucino per la mensa vincenziana

A lavorare a pieno regime sono sia la mensa Caritas di via Lambertenghi (ospitata nei locali dei Padri della Missione – vincenziani) che la mensa delle suore vincenziane che concorrono a fornire complessivamente tra i 70 e i 90 pasti al giorno. A questi vanno aggiunti i pasti forniti nei dormitori e quelli della distribuzione serale per un totale di 460 sacchetti al giorno.

«Sono numeri importanti – continua Bianchi – che richiedono un notevole lavoro e tante risorse in termini di derrate alimentari ma, fortunatamente stiamo ricevendo davvero tanta generosità da parte di aziende, ristoranti, alberghi e gruppi. Per fare un esempio pochi giorni fa una nota catena di ristoranti ha chiamato offrendoci 400 litri di latte che altrimenti sarebbero scaduti nel giro di poche settimana».

Un segno di generosità che rappresenta però l’altra faccia della medaglia di una situazione che per il comparto della ristorazione rappresenta un vero dramma. E, purtroppo, il rischio è che tra i lavoratori del comparto possano esserci anche i primi “nuovi” poveri di questa crisi economica. L’aumento dei numeri alle mense per il momento è lento, ma il timore su quanto potrà accadere nei prossimi mesi, quando le misure di sostegno legate all’emergenza verranno allentate, è reale.

La vera sfida allora non sarà solo quella di dare un pasto, ma di evitare che singoli e famiglie possano sprofondare in quel baratro della povertà estrema da cui diventa spesso molto difficile uscire.

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