I can’t breathe (Non posso respirare, non riesco a respirare, mi manca il respiro) è stato il flebile grido di George Floyd, l’afroamericano morto il 25 maggio a Minneapolis nella morsa brutale di un poliziotto statunitense.
Quel grido, che ha scosso un mondo già stordito dalla tragedia di Covid19 non è purtroppo nuovo e ammonisce che mai bisogna trascurare l’impegno per la difesa e la tutela della dignità dell’uomo.Ricorda anche, a margine delle manifestazioni di protesta per quell’omicidio, che in nessun caso la violenza può essere la risposta giusta alla violenza.
Partendo da queste considerazioni la Consulta diocesana delle Aggregazioni Laicali (CDAL) ha ritenuto di pubblicare una pagina su questo numero del settimanale diocesano sia per esprimere solidarietà per le vittime delle discriminazioni e delle ingiustizie che sono numerose nel mondo, quindi anche nel nostro Paese, sia per richiamare il dovere di passare dalle reazioni emotive a una presa di coscienza delle violazioni dei diritti umani.
Io non riesco a respirare, non posso respirare, mi manca il respiro è il grido che a distanza di un mese dalla tragedia di Minneapolis, ancora oggi sale da molti angoli del mondo: dall’Africa come dal Mediterraneo, dall’Amazzonia come dagli Stati Uniti, dai viottoli delle campagne del Sud come dalle strade delle città del Nord Italia.
Proporre un percorso di riflessione è l’intento della pagina dedicata a George Floyd: aperta con le sue ultime parole, prosegue con quelle di papa Francesco sul razzismo come peccato, quelle di Martin Luther King sul sogno di uomini liberi e si conclude con quelle di Patrick Hutchinson, africano, che il 14 giugno a Londra ha portato sulle spalle, per salvarlo, un manifestante suprematista inglese.
Il breve percorso di immagini e testi termina con il titolo I want breathe (Io voglio respirare) che, ancor più di I can breathe (Posso respirare), esprime la volontà di rompere il muro dell’indifferenza, del senso di impotenza, del conformismo, dell’opportunismo.
Il primo passo da compiere, perché torni il respiro, è quello della conoscenza e dell’ascolto dell’altro e delle situazioni in cui vive: queste sono le armi con le quali nel mondo, nel nostro Paese e anche sul nostro territorio, si può contrastare e vincere il razzismo, il suprematismo, il sospetto e il rifiuto dell’altro.
In tale prospettiva si colloca la scelta di pubblicare questa pagina sul settimanale diocesano che la CDAL considera un “luogo” in cui ritrovarsi e riconoscersi anche nella difesa e nella promozione della dignità e dei diritti dell’uomo, ovunque e gli viva.
Consulta diocesana delle aggregazioni laicali